di Donatella Stasio
Il Sole 24 Ore, 26 febbraio 2015
Nello Rossi è Procuratore aggiunto a Roma e coordina il pool reati finanziari. È stato uno dei magistrati più impegnati sulla responsabilità civile ai tempi della legge Vassalli, ora modificata dalla riforma Renzi-Orlando.
Procuratore, ha letto il tweet del premier Renzi?
"Dopo anni di rinvii e polemiche oggi la responsabilità civile dei magistrati è legge!".
Insomma, sembra che prima ci fosse il deserto...
"In effetti, stando ai "cinguettii" del governo, ogni annuncio e ogni provvedimento segnano l'alba di un nuovo mondo, una storica realizzazione, il superamento di colpevoli inerzie durate decenni e finalmente vinte. In questo caso non è così, perché la legge approvata ieri riscrive alcune parti della legge Vassalli, che risale al 1988. Nei campi in cui è più informato (si tratti del costo della vita, del livello della tassazione o dei meccanismi del diritto e dell'economia) ciascuno di noi è in grado di percepire che l'enfasi è eccessiva e spesso ingannevole. Quindi, alla lunga, questa tecnica comunicativa mi sembra assai rischiosa: se il cittadino scopre l'inganno in una sfera che conosce bene revoca la fiducia anche agli annunci riguardanti altri settori di cui normalmente sa poco o nulla. Comunque, come magistrato preferisco parlare di questa legge nel merito, criticandola all'occorrenza anche duramente, ma nel merito".
Si parla di svolta storica ma già si annuncia una possibile correzione dopo un monitoraggio di qualche mese. Serve a tener buoni i magistrati o è un'ammissione di colpa?
"Sarà necessario monitorare con attenzione gli effetti della nuova normativa. Un ravvedimento è sempre possibile anche per il legislatore. Ma questa materia non si presta a sperimentazioni legislative. Gli effetti nocivi della legge potrebbero incidere gravemente sul funzionamento della giustizia e provocare danni non facilmente riparabili".
Quali danni?
"Per esempio la scelta del soccombente di trasformare l'azione di responsabilità in un improprio quarto grado di giudizio".
Lei è stato in prima fila sul tema della responsabilità civile: la legge Vassalli non ha funzionato perché su 400 ricorsi ci sono state solo 7 condanne?
"Considero molto singolare questo argomento statistico, che ha portato all'eliminazione del filtro di ammissibilità dei ricorsi. Prima di eliminarlo, il ministro avrebbe avuto l'onere di analizzare nel merito almeno una parte di quei ricorsi: erano davvero fondati o la stragrande maggioranza era pretestuosa e meritava l'inammissibilità? Se il prossimo monitoraggio fosse "statistico", non sarebbe un passo avanti".
Poiché a decidere sui ricorsi sono sempre dei magistrati, si potrebbe sostenere che l'esito è viziato in partenza. Come se ne esce?
"I magistrati hanno dimostrato di non avere alcun pregiudizio favorevole nei confronti di colleghi, in presenza di accuse fondate. E poi la vera preoccupazione non è per l'esito del giudizio ma per la possibile moltiplicazione arbitraria di procedimenti pretestuosi".
Le indagini del suo pool spesso toccano ingenti interessi economico-finanziari, centri di potere. La legge vi renderà più prudenti e cauti?
"Cautela e prudenza sono sempre un dovere assoluto. Ma il rischio è che, di fronte a soggetti forti, reattivi, aggressivi, il magistrato si trovi in breve tempo gravato da una mole di procedimenti che si risolveranno dopo tre gradi di giudizio e lo costringeranno a difese complesse anche nei casi di azioni pretestuose".
Ma se in prima battuta il ricorso è rivolto allo Stato, è lo Stato che deve difendersi, non voi...
"È vero, ma l'Avvocatura dello Stato, già oggi stracarica di lavoro, non potrà non coinvolgere ai fini della difesa il magistrato considerato "colpevole". Vi saranno lunghi e complessi carteggi nei quali i magistrati rimarranno impigliati e il loro lavoro ne risentirà".
A parte questo, la prospettiva di un ricorso - quando si ha a che fare con interessi economici rilevanti - può condizionare il lavoro del magistrato?
"Per i magistrati di prima linea e soprattutto per i giudici civili (che devono sempre dar torto a uno dei litiganti) la prospettiva sarà quella di diventare i parafulmini dei conflitti e il condizionamento sarà dovuto all'effetto moltiplicatore dei ricorsi: dopo 15 cause sul mio operato, inevitabilmente divento un'altra persona anche se so che quelle cause sono infondate. Il filtro serviva a evitare la permanente spada di Damocle".
Una delle novità è l'aggiunta del "travisamento del fatto o delle prove" tra i casi di colpa grave. Così si sconfina nel campo dell'interpretazione?
"Mi rendo conto che per i non addetti ai lavori l'espressione travisamento del fatto o delle prove può sembrare una cosa terribile ma chiunque entri in un'aula giudiziaria vedrà che le parti del giudizio si rimpallano reciprocamente l'accusa di "travisare" i fatti o le prove. In realtà si tratta di diverse e fisiologiche ricostruzioni dei fatti. E il giudice deve sceglierne una o proporne una terza. Ma questo è il cuore, l'essenza dell'attività giurisdizionale. La formula dunque è vaga e invasiva del nucleo dell'attività di giudizio".
C'è un rischio di burocratizzazione, cioè che il giudice scelga il quieto vivere?
"Secondo me nessun giudice degno di questo nome vuole essere un burocrate. Ma il rischio è che cocenti e ripetute esperienze del tipo che ho descritto - entrare in un tunnel di cause e difese - possano indurre a un burocratico ripiegamento, al conformismo o alla lentezza. Invece abbiamo bisogno di tempestività e innovazione. Ricordiamoci che il giudice si muove sempre più spesso in campi inesplorati, dalla bioetica alle nuove tecnologie alla finanza creativa".
Dai tempi della Vassalli, i magistrati si tutelano stipulando un'assicurazione. Dunque economicamente siete coperti. Qual è, allora, la vera minaccia che avvertite?
"I magistrati hanno già una serie di responsabilità: civile, penale, disciplinare e in alcuni casi contabile. Ma questa legge corre il rischio di metterci in una condizione di permanente minorità rispetto ai centri di potere coinvolti in questioni di giustizia. E questo è inaccettabile". |