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di Paola Mauti

Il Resto del Carlino, 18 luglio 2023

Presentato il rapporto di Antigone Emilia-Romagna relativo alle condizioni delle carceri in una regione che, con i suoi 3.407 detenuti, di cui 153 donne, si conferma uno dei territori con il più alto numero di presenze. Il documento, che fa riferimento all’indagine svolta nel 2022, ha riguardato sette case circondariali presenti sul territorio, tra le quali quella di Forlì. Se la casa circondariale di Forlì risulta promossa per quanto riguarda la gestione della pandemia e per le occasioni di lavoro offerte ai detenuti da committenti esterni al carcere, permangono forti criticità legate agli aspetti strutturali, per il fatto che è ubicata nel centro della città. Questo, purtroppo, incide negativamente sulla qualità degli spazi, i quali spesso risultano inadeguati allo svolgimento di alcune attività. Il rapporto ha evidenziato che mancano le cosiddette “salette della socialità”, così come aree destinate alle attività sportive. Inoltre, nelle celle non è presente la doccia e quelle comuni sono inadeguate, anche per la presenza di muffe. Il rapporto dedica un’attenzione particolare alla condizione carceraria delle detenute.

Le detenute in Emilia-Romagna al 31 maggio 2023 sono il 4,7% del totale, distribuite nelle sezioni femminili che si trovano degli istituti di Bologna, Modena, Piacenza, Reggio Emilia e Forlì. E le conseguenze più evidenti dell’inadeguatezza strutturale della casa circondariale di Forlì, che al momento dell’indagine contava 19 recluse, si riscontrano particolarmente nella sezione femminile. Le detenute sono ospitate in un edificio separato dal resto dell’istituto, “con piccoli reparti all’interno dei quali mancano, il più delle volte, stanze adeguate a svolgere attività in comune”. Inoltre, non ci sono spazi da adibire a nidi per le madri.

Ma la situazione delle detenute è penalizzata anche per altri aspetti. Infatti, se la percentuale di reclusi che lavorano per committenti esterni al carcere risulta essere a Forlì mediamente più elevata che nel resto della Regione, sono poche le donne che usufruiscono di questa opportunità: nel 2021, quando erano presenti 21 donne, 4 detenute lavoravano alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria e solo 2 per datori di lavoro esterni, mentre non era attivo alcun corso di formazione professionale.

Quanto ai percorsi di alfabetizzazione, nel 2022 ce n’era uno solo attivo destinato alle donne, mentre le scuole medie e il biennio delle superiori non erano partiti. Lo stesso vale per la formazione professionale. Nel 2022 si è cercato di sopperire a questa grave carenza, “ed è infatti stato introdotto un corso di cucina e uno di cucito”. Il carcere di Forlì è l’unico Istituto romagnolo dotato di un centro clinico strutturato, che dovrebbe garantire copertura medica 24 ore su 24.

Per questo risulta particolarmente grave il fatto che si registri “una carenza di personale medico e sanitario, con conseguenze che incidono anche sulla gestione quotidiana (rilascio di nulla osta, screening per gli arrestati, difficoltà a garantire la valutazione medica del rischio suicidario)”. Peraltro, l’Emilia-Romagna è tra le regioni dove si registra uno dei tassi più alti di suicidi e molto alto è anche il tasso di autolesionismo: 40% a livello regionale e del 51% nel carcere di Bologna e di Forlì.