di Elisabetta Rosaspina e Farid Adly
Corriere della Sera, 29 maggio 2021
In cella da 2 mesi, nonostante il pagamento di 400 mila euro. I carcerieri: "Pensa alla fine di Giulio Regeni". Dieci settimane agli arresti, di cui le ultime otto in una cella soffocante, a 45 gradi, con altri trenta detenuti che parlano soltanto arabo, un gabinetto in comune e neppure una branda. E non è ancora finita per Marco Zennaro, l'imprenditore veneto prigioniero in Sudan dove era andato a metà marzo per risolvere una grana commerciale che pareva conclusa con il pagamento di 400 mila euro. Invece era il principio del peggio. Per sbrogliare la matassa, la Farnesina ha deciso di inviare dopodomani a Khartoum Luigi Vignali, direttore generale per gli italiani all'estero e per le politiche migratorie.
La vicenda ha preso una pessima piega il primo aprile, quando Marco Zennaro, 46 anni, amministratore unico della Zennaro Trafo, piccola fabbrica veneziana, era all'imbarco del volo Egyptair MS 856 in partenza dalla capitale sudanese alle 19 e 30. Stava per tornare a casa dopo due settimane da incubo. Era atterrato a Khartoum per risolvere con il suo distributore in città un'insolita vertenza su una partita di trasformatori elettrici, ritenuta non conforme al contratto. Ma all'Hotel Corinthia Zennaro aveva trovato ad attenderlo alcuni miliziani e un'atmosfera tutt'altro che conciliante. Gli era stato requisito il passaporto e notificata una denuncia per frode.
Per Zennaro era stato uno choc: prima di lui, suo padre e suo nonno avevano avuto rapporti commerciali impeccabili con il Sudan, anzi, "con mezza Africa e con tutto il Medio Oriente, da 25 anni - testimonia da Venezia il fratello minore, Alvise. Grazie all'intervento dell'ambasciata italiana, all'inizio Marco aveva potuto aspettare gli sviluppi in albergo, seppure piantonato da uomini armati". I trasformatori contestati erano destinati alla Sedec, la società elettrica nazionale sudanese. Ma analisi di laboratorio di un'azienda locale del settore (quindi potenziale concorrente) avevano bocciato il prodotto italiano. Dunque si pretendeva il rimborso immediato, senza restituire la merce e senza controperizie da parte di tecnici indipendenti. Il negoziato è stato condotto, sempre sotto sorveglianza armata, con il figlio del titolare della ditta distributrice, Ayman Gallabi, che parla inglese. Parlava. Il suo corpo è stato ripescato dalle acque del Nilo sabato scorso.
Ma il primo aprile quando Gallabi aveva ormai incassato il denaro e ritirato la denuncia, i miliziani hanno sbarrato il passo all'imprenditore, che l'ambasciatore Gianluigi Vassallo aveva accompagnato all'aeroporto. La transazione non soddisfaceva Abdallah Esa Yousif Ahamed, finanziatore della Gallabi Company e militare vicino al generale Mohamed Hamdan Dagalo, vice presidente del Consiglio Sovrano che guida il Paese dopo il colpo di Stato del 2019. "Abdallah Ahamed reclama altri 700 mila euro, ma Marco Zennaro non ha mai avuto alcun rapporto commerciale con lui" spiega l'avvocato della famiglia a Venezia, Aldo Silanos. L'unico interlocutore era quel Gallabi ritrovato nel Nilo.
"In quasi due mesi di detenzione nella camera di sicurezza di un commissariato il trattamento è diventato sempre più duro", si angoscia il fratello Alvise. Tra minacciose allusioni dei sorveglianti, "Regeni, Regeni, paga!", e rischio di infezioni. "Quando ha avuto la febbre è stato portato in ospedale e subito rimandato indietro - aggiunge l'avvocato Silanos. Al personale dell'ambasciata è concesso di visitarlo due volte a settimana". Tre giorni fa il procuratore generale ha accolto il ricorso dell'avvocato difensore, Ayman Khaled, e disposto la liberazione immediata dell'imprenditore. Ma mentre un'auto della polizia lo portava a firmare i documenti del rilascio, una telefonata dall'alto ha ingiunto agli agenti di fare dietrofront: Zennaro è tornato ad accovacciarsi sul pavimento di un torrido stanzone. "Questa non è più una controversia commerciale, ormai è un caso politico" sostiene il deputato Nicola Pellicani che segue la vicenda dai primi di maggio. Il viaggio di Luigi Vignali sembra confermarlo.