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di Flavia Carlorecchio


La Repubblica, 29 maggio 2021

 

ma i Centri per il Rimpatrio hanno gravi problemi strutturali. Il Garante dei diritti delle persone private delle libertà personali e quello per la protezione per i dati personali firmano un protocollo. Le ONG denunciano le condizioni di vita nei Centri per il rimpatrio. La notizia di un nuovo protocollo d'intesa a protezione delle persone senza libertà personale arriva a pochi giorni da un'altra notizia, quella del suicidio di Musa Balde nel CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) di Torino. Il ragazzo, originario del Gambia aveva 23 anni ed era detenuto nel centro in attesa di rimpatrio. La decisione dei Garanti sembra essere legata a questa ennesima tragedia annunciata. Si legge infatti nel comunicato diffuso il 26 maggio 2021 che "le due Autorità coopereranno per proteggere la dignità e i diritti dei detenuti e di altre persone sottoposte a forme di limitazione della libertà, come i migranti trattenuti nei CPR e gli ospiti delle Rems (Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza).

Cooperazione tra Garanti. Le Autorità potranno attivare ispezioni e istruttorie congiunte su casi di reciproco interesse, avviare indagini conoscitive, scambiare informazioni su possibili violazioni di pertinenza dell'altra Autorità. I due Garanti supporteranno anche progetti formativi comuni per condividere esperienze e migliorare specifiche competenze nel settore. Ci sarà insomma coordinamento e una maggiore sinergia nel difendere i diritti delle persone private della libertà. I problemi relativi ai CPR, però, sono molti e molto gravi.

Centri di detenzione. Due settimane prima di togliersi la vita, Musa Balde aveva subito un durissimo pestaggio da parte di tre italiani. Era finito in ospedale. E poi di nuovo in isolamento nel CPR di Torino. Incredulo, aveva chiesto al suo avvocato come mai lui fosse rinchiuso e i suoi aggressori a piede libero. Il dibattito sulle condizioni di vita all'interno dei CPR non si è mai placato. Prima si chiamavano CPT, poi CIE, ma il succo non cambia: i migranti irregolari sono in stato di detenzione amministrativa in attesa di essere rimpatriati per un periodo che va dai 30 ai 90 giorni. Sono isolati, senza telefono, in condizioni definite da molte ONG ai limiti dell'umanità. Un carcere per innocenti, con ancora meno tutele e servizi del carcere penale.

Rapporto del Garante sui CPR. Non sono solo le ONG a denunciare la situazione. L'ultimo Rapporto sulle visite effettuate nei CPR negli anni 2019 e 2020 divulgato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale definisce queste strutture "involucri vuoti", luoghi dove "l'individuo è ridotto a corpo da trattenere e confinare", spogliato di dignità e umanità. Oltre alla detenzione di minori, vengono riportate condizioni igieniche insalubri con docce e gabinetti non funzionanti, bagni senza porte e incuria generale. I migranti, rinchiusi e privati del contatto con il mondo, non fanno nulla.

L'isolamento totale dal resto della società. Il rapporto denuncia anche il totale isolamento delle strutture dalla società civile, per esempio ONG e giornalisti. Le notizie arrivano all'esterno solo in caso di tragedie o di ribellioni. Negli ultimi periodi ce ne sono state molte, così come sono aumentati i casi di autolesionismo, riporta il Garante. Nel 2020 ci sono stati ben 5 morti. La società civile si mobilita ormai da tempo, in particolare attraverso la rete "Mai più lager - NO ai CPR", che qualche settimana prima della morte di Balde aveva rilasciato un'intervista a Melting Pot sulla situazione penosa dei migranti detenuti nei CPR.