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di Luigi Ippolito


Corriere della Sera, 1 giugno 2021

 

C'è un mese per ottenere lo status per gli stranieri residenti. Il 1° luglio scade il termine per richiedere il "settled status": chi non lo ottiene perderà il diritto all'assistenza sanitaria, al lavoro, alla casa, e rischia l'espulsione. "Molti non lo sanno, decine di migliaia a rischio".

È una bomba a tempo che rischia di mandare a gambe all'aria l'intera esistenza di decine di migliaia di cittadini italiani che vivono in Gran Bretagna. Fra un mese, il 30 giugno, scade il termine per richiedere il "settled status", lo status da "insediato" che dopo la Brexit è obbligatorio per continuare a risiedere legalmente nel Regno Unito: per chi dovesse mancare all'appello, il 1° luglio scatterebbe una tagliola che comporta la perdita del diritto all'assistenza sanitaria, al lavoro, alla casa. E in caso estremo, si può arrivare all'espulsione, anche se magari si vive Oltremanica da venti o trent'anni. È innanzitutto un problema di numeri, che riguarda tutti i cittadini europei. Al momento della Brexit si riteneva che in Gran Bretagna vivessero 3 milioni di persone provenienti dall'Unione: ma dagli ultimi dati pubblicati dal ministero dell'Interno britannico si scopre che sono già ben 5 milioni quelli che hanno fatto richiesta del "settled status". Dunque la presenza degli europei era enormemente sottostimata.

La comunità - Prima della Brexit la valutazione per gli italiani era di una comunità forte di 700 mila persone, di cui solo la metà registrate presso il nostro consolato: ma ad oggi hanno fatto richiesta del "settled status" solo 500 mila nostri connazionali. I diplomatici della nostra ambasciata spiegano che in realtà, di quei 700 mila, tanti avevano anche la cittadinanza britannica (e dunque non necessitano del "settled status"), mentre molti altri sono tornati in Italia a causa della pandemia. Ma sarebbe curioso scoprire che mentre la presenza degli europei in generale era del tutto sottovalutata, proprio quella degli italiani era esagerata.

"Col numero reale dei cittadini europei in Gran Bretagna sconosciuto - spiegano da "3million", l'organizzazione che rappresenta gli immigrati dalla Ue - il governo non saprà chi ha mancato la scadenza del 30 giugno. La campagna informativa ufficiale ha una portata limitata e molti cittadini europei non sono a conoscenza dei cambiamenti nella loro situazione legale". Dimitri Scarlato, rappresentante italiano di "3million", stima che il 5% per cento degli italiani possa mancare la scadenza: una percentuale bassa, ma che si traduce in decine di migliaia di persone. "Molti non sono a conoscenza della normativa - spiega Scarlato - o non hanno i documenti in regola. Poi ci sono tanti anziani, che magari sono qui da una vita, che pensano di essere già a posto e di non dover fare nulla. E invece non è così".

In regola - Le conseguenze rischiano di essere pesanti. Dal 1° luglio i datori di lavoro sono obbligati a controllare che il proprio personale sia in regola: altrimenti sarebbero accusati di impiegare dei "clandestini". Anche i padroni di casa, prima di affittare un appartamento, devono assicurarsi che gli inquilini abbiano il diritto di vivere in Gran Bretagna. E in realtà i problemi sono già cominciati: nella confusione legale, piccole aziende o proprietari, non sapendo bene come regolarsi, hanno iniziato a rifiutare gli europei. E le difficoltà sono esacerbate dal fatto che il "settled status" non consiste in un documento fisico, ma è solo digitale: e quindi a volte può essere complicato dimostrarlo. È per questo che l'organizzazione dei "3million" ha chiesto di estendere la scadenza del 30 giugno, o quanto meno di minimizzarne l'impatto.

E la richiesta di una proroga è stata rilanciata nei giorni scorsi anche dal governo autonomo scozzese: "I cittadini europei che mancano la deadline - ha detto Jenny Gilruth, ministra per l'Europa nel governo di Edimburgo - non potranno lavorare, studiare, ricevere assistenza, guidare una macchina o aprire un conto in banca: la loro vita andrà sottosopra. Sappiamo che a migliaia devono ancora presentare la domanda: chiedo al governo britannico di estendere la scadenza".

Flessibilità - Ma è una posizione che al momento non sembra essere fatta propria dal governo italiano: quella della proroga "è una richiesta fuori misura", dice il sottosegretario agli Esteri Benedetto della Vedova, che nei giorni scorsi è stato a Londra per incontrare, tra gli altri, il ministro britannico competente per il Settlement Scheme. "Abbiamo posto il tema di cosa accadrà dopo il 30 giugno - spiega Della Vedova - e auspichiamo che i britannici gestiscano la situazione con pragmatismo e flessibilità. Quella scadenza non va considerata definitiva in tutti i casi". Il governo italiano non esclude che ci si possa coordinare con gli altri Paesi europei per agire di concerto. Ma augurarsi flessibilità da parte dei britannici può apparire rischioso, se si guarda a come hanno cominciato ad applicare il nuovo regime di immigrazione: chi arriva adesso dall'Europa senza visto viene fermato, "impacchettato" e rispedito indietro senza tanti complimenti. Dal 1° luglio partirà la caccia all'"italiano fuorilegge"?