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di Marco Lignana


La Repubblica, 1 giugno 2021

 

Sono accusati di omicidio volontario, l'autopsia ha evidenziato ferite incompatibili con il suicidio. Si sospetta un tentativo di nascondere i fatti, gli inquirenti stanno battendo la strada dei debiti fra detenuti.

I due compagni di cella, che continuano a sostenere di essere innocenti, indagati per omicidio volontario. E una autopsia che evidenzia ferite incompatibili con il suicidio. L'indagine sulla morte di Emanuele Polizzi, 46enne trovato impiccato alle sbarre della finestra in una cella in carcere a Marassi sabato scorso, ieri ha preso una strada ben precisa.

Quantomeno per l'accusa, che sospetta una messa in scena per coprire un assassinio. L'autopsia sul corpo dell'uomo, eseguita dal medico legale Sara Lo Pinto, ha detto che alcune ferite sul capo di Polizzi sono del tutto incompatibili con il suicidio. Così il pubblico ministero Giuseppe Longo, che sabato scorso aveva fatto un sopralluogo a Marassi insieme al procuratore capo Francesco Cozzi, ha iscritto due dei quattro compagni di cella che si trovavano detenuti con lui, i 36enni M.R. e G.G. (fra gli avvocati difensori, Ferruccio Barnaba, Celeste Pallini e Mauro Morabito). Il primo è in carcere per motivi di droga, il secondo per scippi.

Nel suo passato anche una serie lunghissima di rapine. Inquirenti e squadra mobile, diretta dal primo dirigente Stefano Signoretti, stanno indagando su possibili debiti fra i detenuti. Problemi di soldi che potrebbero aver portato a una violenta lite, fino all'assassinio di Polizzi. Erano stati proprio i due 36enni a chiamare gli agenti della penitenziaria sabato scorso: "Dormivamo e non abbiamo sentito nulla", hanno detto agli investigatori della squadra mobile nel corso degli interrogatori. Una versione che fin dall'inizio non ha convinto completamente gli investigatori. "L'iscrizione è un atto dovuto - sottolinea l'avvocato Ferruccio Barnaba - ora ci riserviamo di leggere quanto scriverà il medico legale nella sua relazione".

Polizzi è stato trovato impiccato alle grate del locale adibito a cucina e servizio della cella che divideva insieme ad altri quattro detenuti. Gli altri due detenuti con lui erano usciti presto per andare a lavorare, mentre i due indagati hanno dato l'allarme alle 9.30, quando si sarebbero svegliati e non avrebbero sentito alcun rumore. Un secondino ha detto agli investigatori della squadra mobile di avere visto Polizzi sveglio alle 8.45: una circostanza, però, incompatibile sia con l'ipotesi del suicidio che con quella dell'omicidio, visto che la morte sarebbe avvenuta prima.

C'è di più. La maglietta sporca di sangue di Polizzi è stata trovata dentro un sacchetto nel lavandino. Mentre il suo avvocato, Silena Marocco, ha detto di aver visto il suo cliente "un po' giù di morale negli ultimi giorni, tanto che avevo segnalato la cosa anche al medico del carcere. Il giorno precedente la morte però avevamo parlato al telefono e ci eravamo dati appuntamento per la mattina successiva. Solo quando mi sono presentato davanti a Marassi ho saputo di quel che era successo". Polizzi era stato condannato in primo grado a 10 anni di carcere per rapina. Aspettava il processo di appello. Aveva una moglie e due figli.