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di Michele Varì


primocanale.it, 1 giugno 2021

 

Suicidio possibile, ma scatta l'avviso di garanzia per i due compagni di cella. Il pm Cozzi: "Faremo luminol nella cella". La ferita rinvenuta sulla testa del detenuto Emanuele Polizzi è solo un taglio e non nasconde una frattura cranica. Sul corpo del recluso trovato impiccato nella sua cella del carcere di Marassi inoltre non ci sono altre ferite o lesioni che possano spiegare la sua morte, avvenuta per soffocamento, compatibile con l'impiccagione.

Sono questi i primi responsi trapelati dall'autopsia svolta sul corpo del detenuto di 45 anni dal medico legale Sara Lo Pinto per conto del sostituto procuratore Giuseppe Longo che dopo il rinvenimento del cadavere in una cella della seconda sezione di Marassi ha avviato un'indagine affidata alla squadra mobile per omicidio volontario. L'esito dell'autopsia lascia senza risposta molti punti interrogativi: come ha fatto Polizzi a ferirsi alla testa? Perché ha pulito la ferita con una maglietta poi richiusa in un sacchetto trovato nel lavandino? E perché su uno sgabello e in più parti della cella c'erano tracce di sangue?

Per questo due reclusi che hanno trovato Polizzi senza vita sono stati indagati. Un atto dovuto, raccontano i legali dei detenuti. Ma è indubbio che le indagini sono ancora aperte. Fra le poche certezze quella che detenuto era depresso, per questo era in terapia con uno psicologo del carcere. Fra i motivi che hanno destabilizzato Polizzi la notizia di essere stato condannato a dieci anni per una rapina commessa con un complice che invece era riuscito a fuggire. Ma nell'ultimo colloquio con il suo legale Silene Marocco il quarantenne era apparso più tranquillo.

Al momento del suicidio nella cella c'erano solo due dei cinque reclusi che occupavano la camera con Polizzi. Gli altri tre erano usciti circa un'ora prima perché impegnati in alcune attività all'interno dell'istituto. I due reclusi presenti, Mattia Romeo e Giovanni Genovese, tutti e due di 36 anni, agli agenti della sezione omicidi della squadra mobile hanno detto che stavano dormendo e quando si sono svegliati hanno trovato Polizzi impiccato. L'avviso di garanzia gli permetterà di spiegare meglio e di difendersi da ogni accusa.

Il procuratore Francesco Cozzi, che subito dopo il decesso aveva svolto il primo sopralluogo a Marassi con il pm Giuseppe Longo e il dirigente della squadra Mobile Stefano Signoretti, ammette che i primi responsi dell'esame autoptico non cambiano lo scenario iniziale "ma ci sono ancora incognite, come quella delle tante macchie di sangue nella cella. Per questo effettueremo altre indagini, fra cui l'esame del luminol, ad esempio".

Dunque il mistero rimane, ma in attesa di altri rilievi della scientifica e degli esiti degli accertamenti tossicologici l'ipotesi del suicidio sembra prevalere perché la morte, come detto, è avvenuta per soffocamento. Se la vittima fosse stata uccisa a bastonate o con colpo di sgabello e poi impiccata l'autopsia avrebbe svelato che le cause della morte erano diverse dal soffocamento.

In linea teorica Polizzi potrebbe essere stato soffocato con un cuscino e l'impiccaggione essere stata simulata dopo: ma appare poco verosimile che due detenuti possano uccidere in quel modo un uomo di una cella di pochi metri quadrati senza provocare rumori e senza metterla sottosopra, mentre la camerata all'arrivo degli agenti invece appariva in ordine.

Emanuele Polizzi aveva 45 anni ed originario di Vittoria (Ragusa), era in galera da quasi due anni per una rapina a sprangate al titolare di una sala giochi. Il detenuto si sarebbe impiccato con dei legacci formati con le lenzuola prima delle nove del mattino di venerdì 28 maggio nell'antibagno della cella: si sarebbe chiuso la porticina alle spalle e poi appeso ad una finestra. Senza lasciare nessun messaggio di addio, né ai familiari, né al suo avvocato Silena Marocco. Altra stranezza visto che il legale proprio quel giorno era andato a Marassi perché aveva appuntamento con Polizzi: sono stati gli agenti a rivelargli che il suo assistito si era ucciso.