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di Damiano Aliprandi


Il Dubbio, 1 giugno 2021

 

I difensori degli ex Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, Basilio Milio e Francesco Romito, si sono dovuti rivolgere di nuovo alle Istituzioni per protestare contro la trasmissione di Rai 3. Taglia e cuci di alcuni passaggi delle intercettazioni di Totò Riina, omissione delle sentenze di assoluzione che hanno decostruito in modo capillare le accuse portate avanti in merito alla cosiddetta mancata cattura di Bernardo Provenzano o sulla vicenda della mancata perquisizione dell'abitazione di Totò Riina. Non solo. Omissione nel raccontare di come è effettivamente andata la vicenda di Mario Mori, quando da giovane fu cacciato dal piduista Maletti, all'epoca capo del servizio segreto militare (Sid). Non è stato raccontato a cosa ha portato l'indagine dell'allora procuratore di Firenze Gabriele Chelazzi: la difesa degli ex Ros ha recuperato tutto il lavoro del magistrato, ben prima della procura di Palermo, e grazie ad esso è stato possibile ottenere una sentenza di assoluzione per Mori e Obinu.

Gli avvocati degli ex Ros costretti a rivolgersi alle Istituzioni - Parliamo dell'ennesima puntata di Report che ha avuto come scopo, quello di sostenere la tesi della presunta trattativa Stato-mafia e colpire gli ex Ros, in particolare Mario Mori, imputati al processo d'appello oramai agli sgoccioli. Anche in questo caso, durante la trasmissione, sono intervenuti i magistrati che rappresentano l'accusa nell'Appello di Stato-mafia quando il processo è ancora in corso. Gli avvocati Basilio Milio e Francesco Romito, rispettivamente difensori degli ex Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno, riguardo alla puntata di Report, andata in onda su Rai3 il 24 maggio scorso, per la seconda volta si sono ritrovati costretti a rivolgersi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, al vice presidente del Csm, David Ermini, al presidente della commissione Vigilanza Rai, Alberto Barachini, a quello della commissione Antimafia, Nicola Morra e al presidente della Rai, Marcello Foa.

I difensori di Mori avevano chiesto il rinvio della trasmissione per l'imminenza della fine del processo Stato-mafia - I legali ci vanno giù duro. In premessa fanno sapere che, nonostante la loro espressa richiesta di rinviare la trasmissione di qualche settimana, attesa l'imminente definizione del processo di Appello della presunta trattativa Stato-mafia, nell'ambito del quale, proprio il 24 maggio è iniziata la requisitoria, e "nonostante la piena e incondizionata disponibilità dei sottoscritti a fornire ogni risposta a quesiti posti e/o documento utile alle vicende da trattare al fine di garantire un'informazione completa ed obiettiva", osservano che nessuno degli autori e dei giornalisti ha ritenuto di contattarli ai suddetti fini.

"Ci si domanda - scrivono i legali nella lettera alle autorità - se le ragioni siano da rinvenire nel fatto che l'obiettivo esclusivo era quello di realizzare un'intervista da inserire, ad usum delphini, nella ricostruzione teorematica e faziosa già premeditata, quasi a mo' di "legittimazione" della trasmissione".

Per i difensori di Mori l'inchiesta di Report "non aveva i requisiti di completezza e imparzialità" - La denuncia è chiara. Secondo gli avvocati Milio e Romito, Report ha trasmesso un servizio dove hanno dato per certo i rapporti tra Cosa Nostra e il generale Mori. Secondo gli avvocati, l'inchiesta giornalistica è stata realizzata ancora una volta "con un approccio - scrivono - rivelatosi del tutto deficiente dei necessari requisiti di completezza ed imparzialità, tratta talune vicende che hanno interessato il generale Mori, utilizzando alcuni documenti smentiti da altri mai citati, manipolando intercettazioni, omettendo di citare sentenze ormai irrevocabili anche da circa un ventennio, così determinando oggettivamente una indebita interferenza sul processo in corso".

In trasmissione magistrati che sostengono l'accusa nel processo Stato-mafia - Ma la denuncia più grave è rivolta a quei magistrati inquirenti, rappresentanti l'accusa nel processo d'Appello sulla presunta trattativa Stato-mafia, tuttora in corso, che continuano a rilasciare interviste a Report, propinando - scrivono gli avvocati alle autorità - "le proprie ipotesi, peraltro smentite da documenti a loro conoscenza che non vengono mai menzionati".

Documenti che gli avvocati descrivono accuratamente nella lettera. Partono dall'accusa che il conduttore di Report fa nei confronti di Mori. "Dai verbali, dai documenti, da informative segrete - dice Sigfrido Ranucci in trasmissione - emerge il passato del giovane Mori. Un passato che se fosse vero sarebbe imbarazzante e anche inquietante. Emerge un giovane impegnato, aderente ad un'organizzazione paramilitare come la "Rosa dei Venti" della quale facevano parte uomini dei Servizi segreti, neofascisti, uomini legati alla destra eversiva e poi un Mori che avrebbe fatto opera di proselitismo per iscrivere nuovi adepti ad una loggia riferibile alla P2 di Licio Gelli. Una lista segreta".

Mario Mori fu solo un teste nell'indagine sulla "Rosa dei venti" - È vero? La risposta è no. Dai documenti, che gli avvocati hanno e avrebbero messo volentieri a disposizione se fossero stati interpellati nel merito, emerge che il coinvolgimento di Mori nell'indagine della Procura di Padova sulla "Rosa dei Venti" fu limitato alla sua escussione come teste da parte dell'allora magistrato Tamburino. Quest'ultimo cercava di identificare un giovane capitano dei Carabinieri che aveva fatto servizio a Conegliano Veneto e che stato tirato in ballo dalle dichiarazioni di Amos Spiazzi. Per questo sono stati escussi diverse persone per identificare il personaggio. Ebbene è stato certificato che il giovane capitano in questione non era Mario Mori, ma Mauro Venturi. Quest'ultimo era l'ufficiale di cui parlava Spiazzi (e che Tamburino voleva identificare) come colui dal quale attendeva direttive in relazione al Golpe Borghese.

Il Venturi fu indagato, gli fu perquisita l'abitazione, e poi venne prosciolto con sentenza ordinanza del giudice di Roma.

Mario Mori non risulta in alcun elenco della P2 - Assodato che Mori non c'entrava nulla con la "Rosa dei venti" e il tentato golpe Borghese, c'è da domandarsi se fosse iscritto alla P2. Ovviamente non compare nella lista. A quel punto si disse che molto probabilmente esiste una lista riservata con i nomi di tutti i personaggi aderenti ai servizi segreti. Ovviamente mai trovata, ma soprattutto inesistente da un punto di vista logico. Gli avvocati, infatti, scrivono che, in quelle ritrovate a Castiglion Fibocchi, "vi erano i vertici dei Servizi (Miceli, Maletti, Santovito), ufficiali superiori e inferiori delle Forze Armate e dell'Arma dei Carabinieri (anche diversi capitani tra cui il noto Antonio Labruna), parlamentari, ministri e perfino magistrati". E Mori, infatti, non vi compare.

Le intercettazioni di Riina trasmesse sono il frutto di fusione di momenti diversi - Degne di nota, tra le varie decostruzioni fatte con documenti in mano delle suggestioni portate avanti da Report, sono le intercettazioni di Totò Riina. Per corroborare l'ipotesi, del tutto smentita da sentenza definitiva, che Mori non avrebbe perquisito il covo di Riina per fare in modo di far sparire documenti compromettenti conservati in cassaforte, Report trasmette alcune intercettazioni del capo dei capi mentre era al 41-bis.

Ebbene, tra le altre, a un certo punto mettono in onda questa intercettazione: "Minchia, furbu, furbu, furbu. Sono uno più vigliacco dell'altro perché io non ho potuto mai capire perché non vennero a fare la perquisizione". Non esiste: secondo gli avvocati è frutto fusione di affermazioni fatte in momenti diversi. Per dimostrarlo, hanno trascritto tutti i passaggi delle intercettazioni.

Sant'Agostino: "La verità è come un leone; non avrai bisogno di difenderla. Si difenderà da sola" - Dal testo originario emerge l'esatto contrario, ossia che Riina appella Mori "furbo" in relazione all'affermazione che secondo lui, Riina, non tenesse documenti a casa. Infatti, Riina stesso parla chiaro, senza però che Report lo riporti: "Io, onestamente, devo dire la verità, non scrivevo niente non tenevo niente dentro la casa". Ancora più avanti svela pure cosa aveva in cassaforte: "Lo sapete che cosa ci tenevo nella ... là dentro? ... spagnolo ... questi... un revolver ci tenevo".

Gli avvocati concludono stigmatizzando la citazione di Pennac fatta da Report, "L'uomo non si nutre di verità, ma si nutre di risposte", quali che siano. "Preferiamo - concludono nella lettera - Sant'Agostino - "La verità è come un leone; non avrai bisogno di difenderla. Si difenderà da sola" - pur dovendo prendere atto che, purtroppo, in Italia c'è ancora bisogno di qualcuno che difenda la verità, costantemente vilipesa".