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di Liana Milella


La Repubblica, 20 giugno 2021

 

"Adesso non aiutano le riforme della giustizia". Nessuna marcia indietro dopo le critiche di Salvini, Turco e Caiazza. Santalucia boccia il referendum sulla responsabilità civile diretta perché "mira a condizionare un giudizio che invece deve essere libero, indipendente e aggredibile con gli strumenti del processo".

"Questi referendum non aiutano le riforme". E ancora: "Non comprendo il senso di un'iniziativa referendaria che non può avere la tradizionale funzione di stimolo verso un legislatore inerte, se questo legislatore invece sta dimostrando di essere operoso". Mentre il sabato volge alla fine, il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia, toga della sinistra di Area, non fa un solo passo indietro rispetto alla polemica sui referendum in cui cercano di trascinarlo il leader della Lega Matteo Salvini e il segretario del Partito radicale Maurizio Turco.

Nonché Giandomenico Caiazza, il presidente delle Camere penali, autore di una legge di iniziativa popolare proprio sulla separazione delle carriere che certo vede di buon occhio uno dei sei referendum radical-leghista sulla stessa questione e quindi critica Santalucia. Ma contro il metodo dei referendum, proprio mentre il governo sta facendo le riforme, la magistratura deve dimostrare una "ferma reazione". Santalucia lo dice di buon mattino aprendo i lavori del Comitato direttivo centrale, il "parlamentino" dell'Anm. E la collera di Salvini e Turco non si fanno attendere. Mentre arriva la piena solidarietà di M5S con il presidente della commissione Giustizia della Camera Mauro Perantoni.

Ma se Salvini definisce "gravissime" le parole di Santalucia, e Turco chiede addirittura a Mattarella di intervenire perché quello del presidente dell'Anm sarebbe "un attacco alla democrazia", lo stesso Santalucia invece si stupisce di questa infuocata reazione. Perché, dice a Repubblica quando sono passate da poco le 18 ed è ancora impegnato con i suoi colleghi a discutere le riforme proposte dalla Guardasigilli Marta Cartabia, "io non ho voluto assolutamente dare un giudizio negativo sul referendum, che è un istituto fondamentale della nostra democrazia, ma sul modo in cui si cerca di usare questo strumentro in un determinato contesto".

Nasce da qui la sua frase sulla necessità di una "ferma reazione" della magistratura. Perché i sei referendum presentati da Salvini e Turco in Cassazione il 3 giugno - responsabilità civile dei giudici, separazione delle carriere, custodia cautelare, via la legge Severino sull'incandidabilità dei condannati, presenza dei laici nei consigli giudiziari, raccolta delle firme per le liste dei magistrati - rappresentano un passo sbagliato mentre il governo sta facendo le riforme.

Secondo Santalucia, Salvini e Turco hanno torto nel criticarlo per la semplice ragione che non si può impedire all'Anm "di intervenire nel dibattito pubblico sulla giustizia". Ex direttore dell'ufficio legislativo di via Arenula quand'era Guardasigilli il dem Andrea Orlando, e oggi giudice della prima sezione penale della Cassazione, Santalucia non parla "per attaccare un istituto della democrazia, come i referendum". La questione è tutt'altra, riguarda i "tempi" dei referendum, perché "il legislatore sta lavorando, e noi siamo pronti alla discussione con un atteggiamento collaborativo". All'opposto, "l'iniziativa referendaria non può aiutare le riforme". Anzi, le ostacola. L'Anm invece vuole offrire al dibattito pubblico, "con senso di responsabilità", "le buone ragioni" per cui ricorrere ai referendum proprio in questo momento rappresenta un passo sbagliato. Che merita, appunto, "una ferma reazione" contraria.

Ma proprio mentre la discussione dell'Anm prosegue nel merito delle riforme civili, penali e del Csm, Turco insiste nel chiedere un intervento di Mattarella contro Santalucia. Che però tiene il punto: "Non riesco a comprendere il senso di un'iniziativa referendaria che non può avere la tradizionale funzione di stimolo verso un legislatore inerte, se invece cerca di essere operoso".

Quanto al merito, certo Santalucia e le toghe non vedono di buon occhio i sei referendum, né la separazione carriere, da cui hanno sempre preso le distanze giudicandola impossibile a Costituzione invariata, né la responsabilità civile. Dice Santalucia: "Quella diretta sarebbe un pericolo per l'esercizio sereno e indipendente della giurisdizione".

E ancora: "Qui non si tratta di tutelare le pretese risarcitorie del cittadino, che già sono garantite dalla responsabilità diretta dello Stato e dalla obbligatorietà dell'azione di rivalsa nei confronti del magistrato che ha sbagliato. Qui è in gioco la serenità del giudizio, perché si apre la strada alla possibilità di azioni dirette anche in corso di causa da parte di chi si è sentito leso da una decisione. Non possiamo esporre i giudici al pericolo che le azioni civili vengano usate per condizionarli in un giudizio che invece deve essere libero, indipendente, aggredibile con gli strumenti del processo, e non con le azioni civili dirette".

Le parole di Santalucia a Repubblica chiariscono, ma certo non modificano, quello che aveva detto di mattina. "Il fatto stesso che si porti avanti il tema referendario sembra esprimere un giudizio di sostanziale inadeguatezza dell'impianto riformatore messo su dal governo; e fa intendere la volontà di chiamare il popolo a una valutazione di gradimento della magistratura, quasi a voler formalizzare e cristallizzare i risultati dei vari sondaggi di opinione che danno in discesa l'apprezzamento verso le toghe". Da qui la considerazione espressa da Santalucia sul fatto che "spetti all'Anm una ferma reazione a questo tipo di metodo". Perché in ballo ci sono "il carattere, le funzioni e le prerogative del potere giudiziario, rispetto agli altri poteri dello Stato, definiti e garantiti dalle norme costituzionali'".

Ma la sensazione di Santalucia, e di tanti altri magistrati, è che dietro i referendum si celi proprio un attacco alla magistratura in quanto tale. Tant'è che il presidente dell'Anm dice: "Rischia di prendere quota la propensione a valutare in termini di inadeguata timidezza, se non di inaccettabile gattopardismo, l'atteggiamento riformatore che non mostra i muscoli del radicalismo ideologizzante, che non si fa percepire come disposto ad abbattere vecchi steccati, che poi il più delle volte sono presidi di diretta connessione costituzionale". Insomma, la contemporaneità tra le riforme di Marta Cartabia e i referendum dei radicali sottoscritti e portati in piazza da Salvini suonano come un'evidente sfiducia verso quelle stesse riforme, anche se la Lega, con la responsabile Giustizia Giulia Bongiorno, ha più volte detto che non è così, perché i referendum rappresentano la piattaforma di un futuro intervento sulla giustizia, mentre la Cartabia "sta facendo buone cose".