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di Giovanni Negri


Il Sole 24 Ore, 20 giugno 2021

 

Negli ultimi tre anni, quattro le censure a carico dei magistrati negligenti. Sono stati 1.108 i procedimenti introdotti nel 2020 per chiedere la riparazione per ingiusta detenzione. E 750 le ordinanze di pagamento emesse per poco meno di 37 milioni, complessivi. È quanto emerge dalla Relazione al Parlamento per il 2020 messa a punto dal ministero della Giustizia.

Rispetto ai poco più di 1.000 procedimenti introdotti, quelli accolti e non più impugnabili sono stati in tutto 283. La maggior parte delle pronunce di accoglimento ha riguardato La Corte d'appello di Reggio Calabria, con 43, a seguire Napoli, con 40 e e Roma con 36, poi Palermo (34) e Catanzaro con 32. In 80 casi, il riconoscimento della riparazione nasce dall'illegittimità dell'ordinanza di custodia cautelare, mentre in 203 da sentenze di proscioglimento.

Per l'anno 2020 l'esborso complessivo è stato pari ad € 36.958.291 (nel 2019 è stato pari a 43.486.630 euro) ed è riferito a 750 ordinanze (1.000 nell'anno 2019), con un importo medio di 49.278 euro per provvedimento (nel 2019 l'importo medio è stato di 43.487). Gli esborsi di maggior entità riguardano provvedimenti dell'area meridionale e che i pagamenti più consistenti sono stati emessi in relazione a provvedimenti della Corte di appello di Reggio Calabria, in valori assoluti e di Palermo, in valori medi.

La Relazione dà conto poi anche dei procedimenti disciplinari che hanno coinvolto i magistrati per le accertate ingiuste detenzioni. Con un'avvertenza: "appare evidente, dunque, come il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione - così come, del resto, del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario di cui all'articolo 643 del Codice di procedura penale, non possa essere ritenuto, di per sé, indice di sussistenza di responsabilità disciplinare a carico dei magistrati che abbiano richiesto, applicato e confermato il provvedimento restrittivo risultato ingiusto. Gli istituti riparatori hanno presupposti e obiettivi diversi e operano su piani distinti ed autonomi rispetto a quello della responsabilità disciplinare dei magistrati".

A rilevare, dopo la tipizzazione degli illeciti disciplinari datata 2006, è la fattispecie che ammette come fonte di responsabilità disciplinare l'emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge determinata da negligenza grave e senza scusanti.

I numeri mettono in evidenza come le azioni promosse nell'ultimo triennio sono state in tutto 61, quasi esclusivamente dal ministero della Giustizia (57, mentre 4 sono state quelle avviate dalla Procura generale della Cassazione). Quanto agli esiti le assoluzioni sono state 12, le censure 4, i non doversi procedere 17, mentre in corso sono tuttora 25 procedimenti.

Numeri che potrebbero giustificare più di qualche perplessità sull'incisività dello strumento disciplinare e che tuttavia la Relazione prova a confutare, sottolineando come, in realtà, le anomalie che possono verificarsi nell'ingiusta compressione della libertà personale, sono intercettate in una fase preventiva grazie al lavoro degli Uffici del ministero su esposti e segnalazioni delle parti, delle difese e di privati cittadini, oltre che nello svolgimento di ispezioni e per informative dei dirigenti.