di Paola Rossi
Il Sole 24 Ore, 24 giugno 2021
Ma il trattenimento deve essere proporzionato. Il diritto a un nuovo soggiorno è subordinato legittimamente alla concreta esecuzione dell'ordine non essendo sufficiente la partenza volontaria. La Corte Ue con due pronunce contemporanee precisa i limiti alla libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini degli Stati membri all'interno del territorio dell'Unione europea.
Con una conferma la legittimità di un ordine di allontanamento emesso da uno degli Stati europei, per motivi di sicurezza e di ordine pubblico, nei confronti di un cittadino Ue. Con l'altra afferma la necessità che il cittadino Ue colpito dal provvedimento di allontanamento ponga fine al proprio soggiorno, in maniera effettiva e reale, se vuole godere di un nuovo diritto di soggiorno legittimo nello Stato Ue che lo ha precedentemente allontanato.
La sentenza sulla causa C-718/19 afferma in primis la legittimità di una misura di allontanamento applicata contro un cittadino comunitario. Ma La Cgue precisa il provvedimento deve fondarsi su un personale e concreto comportamento del cittadino Ue. Cioè deve sussistere un modus operandi della persona sottoposta che costituisca un pericolo o un danno per la garanzia della sicurezza e il mantenimento dell'ordine pubblico all'interno del Paese ospitante. Oltre al comportamento tenuto dal cittadino Ue alla base della legittimità dell'ordine di allontanamento vi è anche il criterio della proporzionalità della misura adottata.
La valutazione di tali elementi costituendo un giudizio di fatto è ovviamente affidata al giudice nazionale dello Stato ospitante. Le misure di esecuzione di una decisione di allontanamento di un cittadino dell'Unione possono colpire anche i suoi familiari e vanno valutate con attenzione in quanto costituiscono pesanti restrizioni al diritto di circolazione e di soggiorno. Perciò i cittadini Ue non possono essere sottoposti a regimi più gravosi di quelli che si applicano agli stranieri cittadini di Paesi terzi.
Da ciò deriva che, tenuto conto dei meccanismi di cooperazione esistenti tra gli Stati membri, il trattenimento del cittadino Ue non può essere più limitante di quanto stabilito per i soggiornanti extracomunitari, nel caso in cui non si ottemperi all'ordine o vi siano difficoltà pratiche specifiche da superare per potervi adempiere. Da tutto ciò la Corte Ue conclude che il trattenimento di otto mesi previsto dal diritto belga è sproporzionato rispetto a quanto necessario per assicurare un'efficace politica di allontanamento di un cittadino di uno Stato membro.
La sentenza sulla causa C- 719/19 affronta invece la questione del riottenimento di un diritto di soggiorno da parte del cittadino Ue che sia stato allontanato dallo Stato membro ospitante. E chiarisce che deve trattarsi a tutti gli effetti di un "nuovo" soggiorno quindi l'allontanamento deve essersi concretamente realizzato e il nuovo diritto non può porsi in continuità col precedente soggiorno.
Per questo secondo la Cgue va affermato che il cittadino allontanato deve poter essere riammesso a soggiornare nello Stato membro che lo ha allontanato. Ma l'allontanamento comminato deve essere stato eseguito in modo concreto ed effettivo. Allontanamento che non si realizza per il solo fatto che il cittadino Ue sia partito dallo Stato che gli ha comminato la misura. E neanche se la partenza volontaria avviene nel termine impartito dal provvedimento: il medesimo cittadino dell'Unione non beneficia più di un diritto di soggiorno temporaneo e se ne deve allontanare ciò che non coincide col fatto di aver lasciato fisicamente il territorio dove è valido l'ordine.
Quindi - in occasione del ritorno - il soggiorno del cittadino Ue, precedentemente allontanato, non deve essere in realtà la continuazione del suo precedente soggiorno nello stesso territorio. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga nei casi concreti posti alla sua attenzione al fine di accertare che il cittadino Ue allontanato abbia effettivamente posto fine al suo soggiorno temporaneo. Se ciò non si verifica lo Stato membro ospitante che ha emesso la misura "espulsiva" non è tenuto ad adottare un nuovo provvedimento di allontanamento sulla base dei medesimi fatti contro il cittadino Ue, ma può basarsi su quest'ultimo provvedimento al fine di obbligarlo a lasciare il suo territorio.