di Alessandro Puglia
La Repubblica, 29 giugno 2021
Già più di 14mila i migranti riportati nell'inferno della Libia. Nel Mediterraneo prevale l'attività della guardia costiera libica: si prospetta un'estate drammatica e senza "testimoni". Vita difficile anche per i pescatori italiani. MAI così tanti migranti intercettati in mare e riportati in Libia. L'estate appena cominciata, che in Italia sul fronte sbarchi ha visto interessata in prima linea Lampedusa con l'arrivo in autonomia di barchini provenienti dalla Libia e dalla Tunisia, ci restituisce un Mediterraneo centrale ridisegnato, con i ruoli dei protagonisti sempre più definiti. L'Europa e l'Italia da una parte che supportano la stabilità di Tripoli e di fatto affidano il coordinamento dei soccorsi alla guardia costiera libica; l'utilizzo delle navi quarantena per alleggerire le strutture a terra; il coinvolgimento di mercantili anch'essi chiamati a coordinarsi con le autorità libiche; le Ong che, se non si trovano in stato di fermo amministrativo in qualche porto siciliano, riescono a condurre solo una piccolissima parte dei soccorsi.
Uno scenario mutato come dimostrano i numeri. Stando ai dati dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) dall'inizio dell'anno sono infatti 14.388 i migranti intercettati in mare e riportati in Libia. Un record dalla firma del primo memorandum tra Italia e Libia di luglio 2017. Cifre, relative alle persone riportate in quello che le maggiori organizzazioni internazionali da anni definiscono "porto non sicuro", che superano già i dati del 2020, quando furono 11.891 le persone riportate in Libia.
Dall'inizio di quest'anno, secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, in Italia sono sbarcati 19.360 migranti, a fronte dei 34.154 arrivati in tutto il 2020 quando ci fu un picco proprio nel mese di luglio (7062, più che ad agosto dello stesso anno). Nel 2021 sono già 827 i morti accertati in vari naufragi secondo quanto riferisce il progetto Missing Migrants dell'Oim, rispetto ai 375 dell'anno precedente a cui si aggiungono le vittime dei naufragi "fantasma", circa 600 persone che hanno affrontato la rotta del Mediterraneo centrale e di cui non si hanno più notizie.
Nonostante lo scenario dei soccorsi stia mutando verso quella che appare sempre più come una politica europea basata sulla difesa dei confini, in previsione delle condizioni meteo-marine favorevoli ci saranno migliaia di persone pronte a partire. "Farebbero qualsiasi cosa pur di scappare dai centri di detenzione dove sono costretti a vivere in condizioni disumane - spiega a Repubblica Deanna Dadush, che insieme ad altri 100 volontari, ricercatori di diritto internazionale ed esperti nel campo delle migrazioni, fa parte di Alarm Phone la piattaforma che raccoglie gli Sos dei migranti in difficoltà nel Mediterraneo. E purtroppo avendo affidato tutta l'amministrazione del Mediterraneo alla guardia costiera libica è possibile prevedere altri possibili naufragi, con i migranti che alla vista delle motovedette libiche si getteranno in mare come è già accaduto. È uno scenario che peggiora di giorno in giorno. In base alle chiamate che riceviamo possiamo dire che la guardia costiera italiana non soccorre più come prima, la guardia costiera maltese è invece inesistente considerando che nel 2021 a Malta sono sbarcate meno di 100 persone".
Sbarchi fantasma e navi quarantena - "Di sicuro la maggior parte degli arrivi sarà costituita da sbarchi autonomi e quindi direttamente su Lampedusa o Pantelleria - spiega Fulvio Vassallo Paleologo, già docente di diritto d'asilo all'Università di Palermo e vice presidente dell'associazione Diritti e Frontiere. Anche se di fronte a un rallentamento di partenze di queste ultime settimane dovuto alle trattative in corso con ingenti contropartite economiche tra autorità libiche, italiane e dell'Unione europea e agli esiti incerti della conferenza di Berlino sulla Libia del 23 giugno, è difficile fare previsioni". La settimana scorsa sono stati circa 1000 in meno di 48 ore i migranti arrivati a Lampedusa con sbarchi fantasma di barchini con a bordo dalle 10 alle 30, massimo 40 persone.
I migranti che giungono a Lampedusa vengono accolti nell'immediato nell'hotspot di Contrada Imbriacola, che ha una capienza di circa 250 persone, quindi nei giorni successivi allo sbarco vengono trasferiti nelle navi quarantena a largo dei porti siciliani. Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, nella relazione annuale presentata al Parlamento il 21 giugno ha sottolineato come le navi quarantena presentino diverse criticità sul piano dei diritti: dall'impossibilità di richiedere la protezione internazionale, alla difficoltà di individuare le vulnerabilità, al fatto che l'operazione sia nata in un contesto pandemico di piena emergenza e oggi quindi andrebbe ripensa.
Sbarchi fantasma, navi quarantena, mercantili e "push-back": cosa accade nel Mediterraneo - Dal 12 aprile 2020 ad oggi sono transitati nelle navi quarantena oltre 23mila persone, più di 11mila nel 2021. Per il governo il nodo delle navi passeggeri per la quarantena dei migranti, riguarda anche i costi superiori a quelli delle strutture a terra. Nell'ultimo bando della Protezione civile del 14 maggio con cui si cercavano altre quattro grandi navi da impiegare nel periodo dal 1 giugno al 31 luglio, si apprende che le unità "potranno avere da 361 a 460 cabine con un costo massimo stimato per la fornitura del servizio pari a 36mila euro al giorno, 25 euro al giorno per ospite". Una nave quarantena quindi costa all'incirca poco più di un milione di euro al mese.
In assenza di un dispositivo di soccorsi davanti alle coste italiane è successo che a Lampedusa a soccorrere i migranti siano stati i pescatori, come avvenuto il 12 giugno quando il consigliere comunale dell'isola, Vincenzo Partinico, a 39 miglia dall'isola ha soccorso con il suo peschereccio San Matteo 24 persone che altrimenti sarebbero annegate: "Avvicinandosi la loro barca ha cominciato a piegarsi e imbarcava acqua, alcuni ragazzi si sono aggrappati al nostro peschereccio, altri si sono tuffati in mare. Siamo riusciti a salvarli tutti, erano 24, non c'erano donne e bambini", racconta commosso.
Le Ong ai box per fermo amministrativo - Dal 17 aprile al 25 giugno, la nave della Ong spagnola Open Arms è stata sotto fermo amministrativo al porto di Pozzallo per carenze tecniche che secondo la Guardia costiera italiana andavano dalla "sicurezza della navigazione", ovvero la possibilità di portare a bordo solo un esiguo numero di persone, alla "prevenzione dell'inquinamento".
Con questo modus operandi sono state in un anno nove le navi delle Ong costrette a fermarsi. Oggi, dopo il dissequestro della Open Arms, sono la Sea-Eye 4 a Palermo, la Sea Watch 4 a Trapani, la Sea Watch 3 e la Alan Kurdi che dopo il provvedimento delle autorità italiane sono in sosta in Spagna, nel porto di Buriana. La Geo Barents di Medici Senza Frontiere è in quarantena al porto di Augusta dopo aver completato lo sbarco di 410 persone, mentre la Aita Mari di Salvamento Maritmo Humanitario e la Mare Jonio di Mediterranea sono ferme per lavori di manutenzione.
La Ong italiana vede oggi alcuni dei suoi fondatori indagati per favoreggiamento aggravato dell'immigrazione clandestina da parte della Procura di Ragusa. Il caso risale allo scorso 11 settembre a seguito di quello che fu il più lungo "stand off" della storia marittima internazionale. Dopo 38 giorni di richieste di aiuto da parte del colosso marittimo internazionale Maersk, la Mare Jonio autorizzata dal Centro di coordinamento dei soccorsi di Roma effettuava il trasbordo dalla petroliera Maersk Etienne dei 27 naufraghi. L'accusa per Mediterranea è di aver accettato un corrispettivo economico tramite un assegno di 125 mila euro a Idra, ma sia la Ong italiana che Maersk hanno precisato che si è trattato di una semplice donazione per l'opera svolta, donazioni che sono fonte di sostentamento per le unità della società civile. Nonostante l'indagine a carico, l'equipaggio di Mediterranea ha ricevuto quest'anno il "Premio navigazione 2021" proprio da parte della Danish Shipping, la più importante categoria di armatori danesi fondata nel 1864, che premia i marittimi che si sono distinti per il loro coraggio. "L'unico vero pull factor dalle coste della Libia sono le terribili condizioni di vita in cui queste persone sono costrette a vivere e le condizioni meteo-marine che come ogni anno incentivano le partenze. Il risultato di ciò che accadrà lo stiamo già vedendo con un incremento pesantissimo di persone intercettate e deportate in Libia attraverso una strategia di supporto alla guardia costiera Libica, con motovedette regalate dal nostro Paese e informazioni fornite da Frontex" spiega Beppe Caccia, il fondatore di Mediterranea Saving Humans.
I mercantili in attesa di istruzioni - Il 14 giugno il mercantile battente bandiera di Gibilterra "Vos Triton" ha soccorso 270 migranti in acque internazionali, consegnando le persone soccorse alla guardia costiera libica che il giorno successivo li ha riportati a Tripoli. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Agenzia delle Nazioni Unite in un comunicato congiunto hanno richiamato i Paesi europei affinché "nessuna delle persone soccorse in mare faccia ritorno in Libia e perché, in assenza di meccanismi collaudati di sbarco, gli attori marittimi non devono essere obbligati a far tornare rifugiati e migranti in luoghi non sicuri. I migranti - continuano le due organizzazioni - sbarcati in Libia una volta soccorsi sono poi esposti ad abusi ed estorsioni, altri spariscono e tornano nelle mani dei trafficanti di esseri umani". L'Oim e l'Unhcr richiamano quindi gli Stati europei "per porre fine all'arbitraria detenzione in Libia, trovando soluzioni alternative e rilasciando nell'immediato i più vulnerabili".
Il caso della Vos Triton non è così diverso da quelli documentati tra il 23 e 25 giugno dal velivolo di ricognizione Moonbird della Ong Sea Watch. Due navi mercantili italiane, l'Asso 25 e l'Asso 29, si trovano nelle vicinanze di una barca in legno in pericolo con circa 20 persone a bordo. Scrive la Ong tedesca: "Confermato il respingimento illegale in Libia. L'Italia ha rifiutato il coordinamento, due navi italiane nelle vicinanze non sono intervenute e la cosiddetta guardia costiera libica ha catturato le persone. Ennesima grave violazione del diritto internazionale marittimo".
I pescatori siciliani mitragliati dalle motovedette libiche - Lo scacchiere ormai definito nelle zone Sar (Search and Rescue) del Mediterraneo centrale riguarda anche le vicende dei pescatori siciliani che, dopo l'esperienza del sequestro per 108 giorni a Bengasi da settembre a dicembre 2020 da parte delle milizie del generale Haftar, si trovano a fronteggiare gli spari delle motovedette "governative", come avvenuto il 6 maggio al peschereccio Aliseo di Mazara del Vallo, con il comandante Giuseppe Giacalone che è rimasto ferito dopo oltre un'ora e mezza di mitragliamento da parte della motovedetta 660 Ubari, tra le prime unità navali donate dall'Italia alla Libia nel 2018. Il comandante del peschereccio tramite il suo avvocato ha presentato una denuncia contro la motovedetta libica e l'intero equipaggio per i reati di tentato omicidio aggravato, sequestro di persona, minaccia grave, naufragio, danneggiamento di nave e tentato incendio. Nel frattempo la motovedetta Ubari da cui partirono i colpi è tornata indisturbata a intercettare i migranti nel Mediterraneo riportandoli in Libia.
Abusi e torture in Libia - Dopo le immagini shock del 24 maggio che nessuno di noi avrebbe voluto vedere, con donne e bambini morti e con il corpo e volto ricoperti di sabbia nella spiaggia di Zwara, le violazioni dei diritti umani in Libia sono venuti nuovamente alla luce con il caso delle donne somale violentate e abusate dalla polizia libica nel centro di detenzione ufficiale di Shar al-Zawyah. A seguito di ripetuti episodi di violenza contro migranti e rifugiati, Medici Senza Frontiere ha annunciato nei giorni scorsi la sospensione delle sue attività nei centri di detenzione di Al-Mabani e Abu Salim: "Non è una decisione facile da prendere perché significa che non saremo presenti lì dove sappiamo che le persone soffrono quotidianamente - ha commentato Beatrice Lau, capo missione Msf in Libia -. I continui e violenti incidenti che causano gravi danni a migranti e rifugiati, nonché il rischio per la sicurezza del nostro personale, hanno raggiunto un livello che non siamo più in grado di accettare. Fino a quando la violenza non cesserà e le condizioni non miglioreranno, non potremo più fornire assistenza medico-umanitaria in queste strutture".