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di David Allegranti


La Nazione, 29 giugno 2021

 

Presentazione del libro del presidente del Tribunale di sorveglianza di Firenze e del caporedattore di Sette del Corriere della Sera. Il rapporto con la realtà è falsato. Il percepito è più importante del resto, per questo negli anni - nel giornalismo e non solo - ci si è lungamente dedicati ai dati, nel tentativo di riportare un minimo di oggettività nella discussione.

C'è un bel libro di Bill Davies che si intitola "Stati nervosi" in cui viene affrontato il potere dell'emotività nel condizionamento del dibattito pubblico. Quante volte le istituzioni - governi, partiti, singoli ministeri - hanno reagito in termini puramente emotivi, sull'onda di un fatto di cronaca o più fatti di cronaca? Quante volte in nome del populismo penale si sono prese delle decisioni le cui conseguenze non sono temporanee, anzi sono destinate a rimanere perché a nessun governo o parlamento successivo verrebbe mai in mente di ridiscutere una norma populista introdotta precedentemente?

Il libro di Marcello Bortolato ed Edoardo Vigna ("Vendetta pubblica", Laterza) è prezioso perché, capitolo per capitolo, smonta luoghi comuni intorno alle carceri italiane. Come "in carcere si sta meglio che fuori", un grande classico dei due lockdown appena trascorsi.

Leggendo il libro ho ritrovato i riflessi pavloviani che durante l'emergenza sanitaria mi hanno accompagnato - sui social e non solo - nei mesi in cui raccontavo il contagio in carcere. Non avete idea di quante persone - anche insospettabili o, forse meglio, sospettabilissimi elettori di sinistra - si siano scagliate contro chi cercava di raccontare perché c'è una differenza enorme fa contagiarsi in carcere e contagiarsi fuori dal carcere. La parte migliore, devo dire la verità, era quando - sulla scorta anche di alcune argomentazioni favorite da procuratori telegenici e direttori di giornale altrettanto telegenici, mi riferisco a Piercamillo Davigo e Marco Travaglio - si citavano le statistiche. Ora, mentire con le statistiche è facilissimo. È per questo che il ricorso ai dati, seppur utile, non può essere esaustivo. Perché le statistiche non ci dicono tutto e comunque vanno interpretate.

Dunque, è diventato un lavoro smontare le fake news o meglio ancora le balle pronunciate da politici, magistrati e anche dagli stessi giornalisti. Quelle sul carcere sono notevoli e penso che abbiano a che fare con la cattiva coscienza. Un reato è motivo di vergogna, una vergogna che può anche diventare pubblica. C'è chi pensa che nascondendo questa vergogna agli occhi del pubblico, inteso come pubblica opinione, si risolva il problema.

Quello che si cerca è una società igienizzata, sanificata, anche se è solo una illusione. Accanto alla cattiva coscienza però mi pare che ci sia anche un problema di informazione. Letteralmente, di conoscenza. Il libro di Bortolato e Vigna va a coprire opportunamente questo vuoto. Con linguaggio chiaro ed efficace, fa a pezzi il luogocomunismo sul carcere.