di Andrea Fabozzi
Il Manifesto, 29 giugno 2021
Il capo leghista cavalca la rabbia degli agenti penitenziari che hanno contestato la ministra. Tensioni in vista dei passaggi decisivi per la riforma del processo penale. Cartabia: dobbiamo costruire il nostro ponte di Genova. Giovedì andrà, o meglio tornerà a Santa Maria Capua Vetere, dove la solidarietà agli agenti di polizia penitenziaria era già andato a portarla a giugno dell'anno scorso quando ci furono i primi indagati. Allora Matteo Salvini era all'opposizione del governo Conte 2, oggi a giorni alterni si presenta in veste di scudiero del governo Draghi o di spina nel fianco, come nel caso dei referendum sulla giustizia. Così un giorno è novello garantista che propone con i radicali un freno alla carcerazione cautelare, il giorno dopo eccolo tornare tutore della legge e ordine perché "è bizzarro che siano arrestati dei poliziotti".
"Io non condanno né assolvo nessuno prima del giudizio - è il saltellante ragionamento di Salvini - ma fare retate di poliziotti come fossero boss della camorra, addirittura arrestandoli entrando in casa loro alle quattro del mattino svegliando i figli, non è quello di cui l'Italia ha bisogno in questo momento". Tanto che secondo il capo leghista "da oggi purtroppo si rischia il caos in tutte le carceri italiane".
Del resto il legame della Lega con il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe - che la settimana scorsa ha manifestato davanti al ministero della giustizia contro la decisione della ministra di costituirsi parte civile nel processo ai presunti torturatori - è noto e provato da diverse biografie di parlamentari. Il commento agli arresti di ieri che arriva da via Arenula è naturalmente di tutt'altro segno: "La ministra e i vertici del Dap rinnovano la loro fiducia nel corpo di polizia penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati".
Queste tensioni, che si aggiungono a quelle inevitabilmente causate dall'appoggio di Salvini ai referendum promossi con i radicali, finiranno per pesare nei prossimi giorni, decisivi per la riforma della giustizia. "Siamo chiamati a costruire il ponte di Genova della giustizia", ha detto ieri a Milano Marta Cartabia. E ha confermato che gli emendamenti al disegno di legge di riforma del processo penale, una "profonda" riscrittura del testo di Bonafede, "a breve saranno all'attenzione del Consiglio dei ministri dopo intense settimane di sintesi politica".
Ma non sarà l'ultimo passaggio e potrebbe non essere nemmeno quello decisivo, visto che le distanze nella maggioranza almeno su due punti - abolizione dell'appello e nuove regole per la prescrizione - restano grandi. Tanto che il calendario della ministra subisce qualche adattamento: "Queste riforme sono da concludersi entro il mese di luglio, almeno nella parte governativa".
Non è più realistico sperare nel primo sì della camera entro l'estate, di conseguenza è difficile immaginare un via libera al nuovo processo penale entro la sessione di bilancio (lo prevede il Pnrr). Ma Cartabia insiste sul fatto che "il prossimo rinnovo del Csm non può avvenire con le attuali norme". La riforma del Consiglio superiore è persino più in ritardo di quella del processo penale. Però le nuove norme sulla sua elezione sono fuori dalla delega e potranno entrare in vigore prima del 2022.