di Liana Milella
La Repubblica, 1 luglio 2021
La segretaria di Magistratura democratica, alla vigilia del congresso di Firenze, lancia l'allarme sul rischio che in Italia prevalgano atteggiamenti repressivi nei confronti delle toghe. Un giudizio netto contro i referendum radical-leghisti, mentre ci sono valutazioni positive sulle riforme della Guardasigilli Cartabia, dall'ufficio del processo alla giustizia riparativa. Nel mare in tempesta della giustizia, Magistratura democratica, la storica corrente di sinistra delle toghe, d'ora in avanti navigherà da sola. Nella pienezza del suo lungo passato. Nella certezza che, soprattutto in questo momento, ci sia bisogno di chi è convinto che i giudici italiani potrebbero rischiare in futuro l'effetto "museruola", dal nome della legge che in Polonia è stata battezzata così e che punisce con sanzioni disciplinari i magistrati che osano parlare criticamente delle riforme della giustizia del loro paese. Maria Rosaria Guglielmi, "Maro" per gli amici, la pm di Roma scelta da poco dal Csm come sostituto procuratore europeo, segretaria uscente di Md, paventa la "museruola" non certo per mano della Guardasigilli Marta Cartabia, da cui anzi arrivano idee riformatrici che condivide come quella sull'ufficio del processo e sulla giustizia riparativa, ma quando assiste agli attacchi della destra contro il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia e quando scorre i temi dei sei referendum radical-leghisti, e ancora quando si materializza l'attacco alla giurisdizione che sfrutta a suo uso e consumo il caso Palamara.
A dieci giorni dal congresso di Magistratura democratica, che si svolgerà a Firenze dal 9 all'11 luglio nel palazzo dei congressi, "Maro" Guglielmi rende pubblica la sua relazione. Venti pagine pubblicate su Questione giustizia, la rivista online di Md diretta dall'ex avvocato generale della Cassazione Nello Rossi, con le due vice Ezia Maccora e Rita Sanlorenzo, la prima presidente aggiunta dei gip di Milano, la seconda sostituto procuratore generale della Suprema Corte, due toghe "rosse" da sempre. Rivista che, in queste settimane, ha affrontato più volte il tema dei referendum e degli aspetti potenzialmente critici delle riforme di Cartabia, come nel caso del gip che vigila sul pm per l'iscrizione del reato e può costringerlo a farla.
Dopo una lunga stagione al vertice delle toghe "rosse" Guglielmi passerà la mano. Ma a chi prenderà il suo posto consegna dei presupposti fermi. Innanzitutto il cammino autonomo di Md che si lascia definitivamente alle spalle la pagina di Area, il cartello di sinistra della magistratura, che univa sia Md sia il Movimento per la giustizia, la corrente dell'ex procuratore di Torino Armando Spataro per intenderci, ma che vedeva al suo interno anche degli "areisti" puri, non iscritti a nessuna delle due correnti. Nata come cartello elettorale, Area è divenuta un soggetto autonomo, dove più di un protagonista ha chiesto e spinto perché Md decidesse di sciogliersi. Ma Md non ne aveva alcuna intenzione. Chi aveva la doppia tessera ha lasciato quella di Md, come alcuni componenti del Csm, ma Md ha deciso di andare avanti. E in questo congresso spiegherà come intende proseguire il suo cammino da sola. Perché, come dice Guglielmi, "vuole fare la sua parte, in quanto molte sfide attuali sui diritti, sulla democrazia, sui cambiamenti culturali della magistratura, che rivelano tendenze corporative, richiedono la sua presenza".
E conviene partire da quell'immagine della "museruola" - che certo fa impressione - per descrivere sommariamente i contenuti della relazione di Guglielmi. Da sempre magistrata impegnata anche in Medel, il gruppo che raccoglie le toghe di sinistra in Europa. Toga dalla visione internazionalista, che tante volte ha denunciato la cancellazione dei diritti in Turchia anche per gli stessi giudici messi in galera, attenta al destino degli ultimi, come i 13mila migranti respinti in Libia quest'anno, paese sul libro nero "per le gravissime violazioni dei diritti fondamentali, con i campi di detenzione arbitraria e la tortura".
"A chi oggi vorrebbe museruole e bavagli, dobbiamo ricordare che non siamo in Polonia, non siamo in Ungheria, non siamo in Turchia" scrive Guglielmi. "Siamo in uno Stato di diritto. E ci aspettiamo di trovare un fronte ampio di difesa sul diritto di parola: dall'avvocatura, donne e uomini della parola, a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia". L'episodio che ha sconvolto Guglielmi è quello dell'attacco della destra, di Salvini, al presidente dell'Anm Santalucia, che aveva parlato di "ferma reazione" dei giudici di fronte ai referendum radicali-leghisti. Parliamo di quelli che vogliono la separazione delle carriere, la responsabilità diretta dei giudici, la cancellazione della legge Severino sull'incandidabilità di chi è condannato, ma anche un'attenuazione della custodia cautelare. Secondo Guglielmi quella levata di scudi mette a rischio la libertà dell'Anm e quindi degli stessi giudici. Tant'è che lei ricorda come proprio l'Anm "sia stata già sciolta dal fascismo che ne perseguitò i dirigenti". Da qui si arriva alle leggi "museruola", Polonia, Ungheria, Turchia, e a quello che "può succedere quando si nega il diritto di parola e quello di associarsi ai magistrati, ai giornalisti, agli avvocati, ai cittadini".
Ma non si esaurisce certo in questo "allarme" la relazione di Guglielmi. Che necessariamente parte dal caso Palamara, stretto nella polemica "sempre più inestricabile fra cause irrisolte delle degenerazioni e delle cadute, analisi incompiute e letture strumentali, proposte di cure sbagliate, tentativi di rinnovamento di facciata e progetti concretissimi, capaci di travolgere l'assetto costituzionale voluto a tutela di una giurisdizione indipendente". Oggi Guglielmi vede "una magistratura che appare immobile, percorsa da divisioni e contrapposizioni al suo interno, incapace di dare segnali riconoscibili di una svolta unitaria verso il necessario cambiamento". Ma soprattutto non vede "un'assunzione di responsabilità collettiva rispetto alla necessità di affrontare i tanti nodi venuti al pettine".
Certo è che la crisi esiste, come dimostra "la frequenza di indagini per fatti gravi e gravissimi che coinvolgono giudici e pm" che esigerebbe "risposte immediate agli inquietanti interrogativi sull'attualità, gravità e ampiezza della nuova questione morale". Ma quali sarebbero le risposte giuste? Non certo quelle che "si esauriscono nelle sanzioni penali e disciplinari". Urge invece una riflessione "sugli scenari che si intravedono dietro inchieste, arresti, contesti ambientali nei quali fatti e condotte si collocano, e sulla necessità di fare luce su tutte le zone d'ombra dove si annidano i fattori di degenerazione". Perché il rischio è che venga intaccata "l'imparzialità della giurisdizione e la fiducia della collettività nell'imparzialità del giudizio e delle decisioni". Come dimostra il tentativo "di chi teorizza l'esistenza di un sistema e in questa chiave riscrive anche la storia di indagini e processi". Quasi che ad indagare ed emettere sentenze sia stata una magistratura ideologizzata e quindi politicamente orientata.
E qui Guglielmi lancia il suo messaggio ai colleghi delle altre correnti, perché "ogni gruppo deve fare i conti con il suo passato e rileggere in questa chiave la sua storia, interrogandosi sulle degenerazioni subite con la nascita di potentati; le dinamiche interne e le condotte nell'autogoverno comunque condizionate dall'obiettivo di acquisizione del consenso e di rafforzamento di presenza nei territori e negli uffici; il consolidamento di posizioni di potere individuale di singoli, sino ad arrivare alle zone d'ombra e di incontro con i poteri esterni". Md, dice Guglielmi, ha già fatto la sua parte, assumendosi le necessarie responsabilità. Adesso tocca agli altri farlo.