di Riccardo Noury*
Corriere della Sera, 1 luglio 2021
Tra meno di un mese ricorrerà il ventesimo anniversario del G8 di Genova, dove le forze di polizia si resero responsabili di quella che all'epoca Amnesty International definì "una violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia più recente".
A Genova, 20 anni fa, nei confronti di persone inermi tanto alla scuola Diaz quanto nella caserma di Bolzaneto, si praticò la tortura: pestaggi violentissimi, atti crudeli come lo spegnimento di sigarette sui corpi dei detenuti, umiliazioni gratuite come l'obbligo di spogliarsi, inginocchiarsi e fare flessioni nudi.
Sappiamo com'è andata a finire: quella parola, tortura, ripetuta infinite volte nei dibattimenti giudiziari non trovò spazio nelle sentenze perché nel codice penale non esisteva. Non sarebbe esistita fino al luglio 2017 quando, a seguito di una campagna decennale delle organizzazioni non governative e di una sentenza della Corte europea dei diritti umani, il parlamento colmò un ritardo di quasi 30 anni e introdusse finalmente nel codice penale il reato di tortura. La legge non è perfetta: è ridondante e infarcita di locuzioni e aggettivi inutili, come se il legislatore volesse renderla difficile da applicare.
Ma da allora è stata applicata. Due processi, relativi a episodi avvenuti nelle carceri di Ferrara e San Gimignano, si sono chiusi con condanne per tortura. Ieri, accogliendo la richiesta della procura locale, il giudice per le indagini preliminari di Santa Maria Capua Vetere ha disposto l'esecuzione di 52 misure cautelari, molte delle quali nei confronti di agenti della polizia penitenziaria, per vari reati tra cui torture pluriaggravate commesse il 6 aprile 2020 ai danni di numerosi detenuti del carcere locale che avevano avviato una rivolta nei giorni precedenti. Il giudice per le indagini preliminari ha scritto queste parole: "orribile mattanza". Ricordano la "macelleria messicana" descritta dall'allora vice questore di Genova Michelangelo Fournier a proposito dell'assalto alla scuola Diaz.
Nelle chat degli agenti di polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere si parla di "abbattimento di vitelli". Vent'anni dopo Genova, tra macellerie, mattanze e abbattimenti, pare che passi avanti non siano stati fatti. In realtà, qualcosa è cambiato: ora c'è il reato di tortura e l'auspicio è che sia usato per punire i colpevoli e per evitare il ripetersi di orrori del genere.
*Amnesty Italia