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di Concetto Vecchio


La Repubblica, 1 luglio 2021

 

L'esponente radicale accusa il Dap. "A Salvini consiglierei più prudenza, ma trovo gli arresti non giustificati".

 

Rita Bernardini, consigliera generale del Partito radicale, per Matteo Salvini le divise vanno sempre difese...

"E io invece gli consiglierei di essere più prudente, perché in questa vicenda i filmati parlano chiaro. Il carcere è un'istituzione chiusa, dove i controlli esterni su eventuali abusi sono già di per sé difficili, ma dalla pandemia in poi sono diventati quasi impossibili. Ciò detto trovo anch'io la custodia cautelare in carcere non giustificata".

 

Perché?

"Arriva ad un anno dai fatti, gli indagati avrebbero avuto tutto il tempo per fuggire e, volendolo, di inquinare le prove. E poi solo il processo può accertare quello che è veramente è successo".

 

Ma non è una contraddizione affermare che le prove video sono schiaccianti e poi criticare gli arresti?

"I presupposti di legge per la custodia cautelare in carcere sono chiari: escludo evidentemente che anche il terzo elemento, cioè il pericolo di reiterazione del reato, fosse concreto dopo le denunce e l'avvio delle indagini. Perché do per scontato che gli agenti indiziati non siano stati lasciati al lavoro in quello stesso istituto".

 

Non c'è imbarazzo nel ritrovarsi alleati di Salvini nei referendum sulla giustizia?

"Non capisco quale dovrebbe essere l'imbarazzo. Abbiamo trovato un terreno d'incontro su temi e problemi che il Partito radicale ha affrontato in tutta la sua lunga storia. Ci dà semmai l'occasione di confronto e di dibattito sul tema del carcere e della costituzionalità della pena".

 

Che idea si è fatta della vicenda?

"Che la gestione dell'allora ministro della giustizia Alfonso Bonafede e del direttore del Dap Francesco Basentini è stata pessima. Io già il 9 marzo 2020, quando scoppiarono le rivolte, dissi a Basentini che era stato un errore tagliare i colloqui dei detenuti senza prima dialogare con loro. Se togli i momenti d'incontro con i parenti a un detenuto gli togli tutto".

 

Ma erano i primi giorni dell'epidemia, cos'altro si poteva fare per difendere anzitutto gli stessi detenuti?

"Dialogare, dialogare, dialogare. Ciò competeva in primo luogo ai direttori delle carceri. E poi dotare subito il personale e i detenuti delle mascherine e di altri sistemi di protezione, che invece sono stati forniti con molti mesi di ritardo. Il primo provvedimento che avrebbe dovuto prendere un governo serio era quello di ridurre drasticamente il sovraffollamento. È una necessità anche oggi".

 

Come spiega il caso di Santa Maria Capua Vetere?

"Non si spiega. Perché in quel carcere non ci fu nemmeno una rivolta, ma una semplice protesta, e quindi la risposta degli agenti è stata del tutto gratuita. So, dalle segnalazioni dei parenti, che peraltro quella non fu l'unica violenza. Ce ne furono altre, in altri istituti. A Foggia, dopo la rivolta, centinaia di detenuti vennero trasferiti di notte, in pigiama, e successivamente pestati nel carcere di destinazione. Quelli dei penitenziari emiliani furono mandati a Tolmezzo, e portarono lì il Covid. Sono stati usati metodi fuori dalla legalità. Ma le responsabilità vanno cercate in alto".

 

In alto dove?

"Nel Dap nazionale che ha autorizzato interventi di questo tipo".

 

È un'affermazione molto grave.

"Ma è quello che emerge se si studia attentamente la vicenda. Il Dap ha usato il pugno di ferro perché non era in grado di affrontare con ragionevolezza la pur difficile situazione. Si disse che le rivolte erano opera della mafia, mentre è dimostrato che partirono dalla parte più disagiata della popolazione detenuta: tossicodipendenti e detenuti con problemi psichiatrici".

 

Cosa ci rivela questa vicenda?

"Che il carcere deve essere l'extrema ratio, a tutti gli altri vanno applicate le misure alternative. E i diritti fondamentali vanno rispettati. Abbiamo 999 educatori in pianta organica, di questi sono in servizio soltanto in 700. E si devono occupare di una popolazione carceraria di 53.600 detenuti. Come fanno a svolgere degnamente il loro lavoro?".

 

Cosa si aspetta dalla ministra Cartabia?

"Molto semplicemente che l'esecuzione penale cominci a rientrare nella legalità costituzionale, perché oggi è fuorilegge. Ho fiducia, è una persona straordinaria, può farlo davvero".