sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Francesca Paci


La Stampa, 8 luglio 2021

 

Non cambierà la storia il fatto che il Parlamento italiano, nella sua interezza, abbia dato ieri via libera alla mozione per concedere la cittadinanza a Patrick George Zaki, lo studente dell'università di Bologna arrestato al Cairo il 7 febbraio 2020 con l'accusa pretestuosa di cospirare ai danni dello Stato e da allora in attesa di giudizio. Eppure pesa.

Come pesa l'immagine di quei calciatori che, pur senza l'ambizione di sconfiggere il razzismo, si sono inginocchiati in solidarietà con il movimento Black Lives Matter attendendo il fischio d'inizio della partita ma soprattutto le polemiche a venire. La questione è cosa succede adesso che Senato e Camera hanno esplicitamente dato mandato a Palazzo Chigi di prendere l'iniziativa e sfidare il regime egiziano sul terreno di quei diritti di cui l'Europa si sente paladina.

La risposta tragicamente più onesta è: niente. A meno di un per ora inverosimile cambio di prospettiva geopolitica nei confronti dei "dittatori necessari", non succederà niente. Da mesi è chiaro ormai che il nostro governo, consapevole del rinnovato protagonismo mediterraneo dell'Egitto, ha ridimensionato i toni che pure a un certo punto aveva alzato di fronte ai depistaggi del Cairo su Giulio Regeni. E parliamo di un italiano arrestato, torturato e ammazzato dalla paranoia degli apparati di sicurezza di cui la magistratura ha messo nero su bianco responsabilità e omissioni. Figurarsi un giovane egiziano, la generazione perduta dei 1058 Giulio Regeni che secondo Commitee for Justice sono morti nelle carceri del presidente Abdelfattah al Sisi dal golpe popolare del 2013.

Si è discusso di diritti nell'incontro di alcuni giorni fa tra il ministro del Turismo Garavaglia e l'ambasciatore egiziano?, chiede retoricamente il deputato di Più Europa Riccardo Magi. Non se n'è discusso nemmeno quando, a marzo, è stata confermata la vendita di due fregate al Cairo, il nostro principale acquirente di armi, inossidabile anche nei mesi più bui del caso Regeni. D'altra parte, obiettano i pragmatici, quelli che legittimamente ritengono controproducente il muro contro muro, sospendere le forniture belliche agli Emirati Arabi ci è valso lo sfratto dalla base militare di al Minhad. Touché.

C'è un punto chiave però nella giornata di ieri, quella in cui i deputati italiani hanno chiesto coralmente la cittadinanza per Patrick Geoge Zaki con la sola eccezione di Fratelli d'Italia, che pure non ha votato contro. L'iniziativa popolare lanciata da una piccola associazione di Bologna su Change.org è cresciuta fino a coinvolgere centinaia di città e raccogliere le 270 mila firme che sono state appena consegnate al presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Fare il passo più lungo della gamba non si può, ma neppure fare finta di niente.

Lo sa il governo, lo sanno i diplomatici che solo un anno fa sono andati vicini alla crisi con la Francia nientedimeno che per lo spot della Pizza Coronavirus. E comunque, se ce ne fosse stato bisogno, l'ha ricordato a più riprese la senatrice a vita Liliana Segre, una che su questa storia ha messo la faccia sin dal primo giorno scandendo le parole "ricordo cosa si prova da innocente in prigione". Fare finta di niente oggi è più difficile. Almeno questo. Anche perché Zaki ci ascolta, scruta l'avvocato e la sorella durante le rarissime visite concesse cercando un segno, Zaki è vivo e ci guarda. C'è ancora tempo.