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di Associazione Yairaiha Onlus


Il Riformista, 8 luglio 2021

 

Vincenzino è uno dei tre "boss" al centro del finto scandalo scarcerazioni che spinse Bonafede a fare retromarcia con un decreto. In isolamento a Parma, soffre di demenza conclamata, non riconosce i familiari. Perché torturarlo? Cartabia intervenga.

Egregio Direttore, le scriviamo per sottoporre alla sua cortese attenzione e dei suoi lettori un caso di cui ci stiamo occupando da diverso tempo e di cui non si intravede alcuna soluzione, ovvero quello del detenuto Iannazzo Vincenzino. Sabato scorso abbiamo inviato la sesta sollecitazione alle autorità competenti affinché venga messo nelle condizioni di poter essere curato adeguatamente.

In un paese "normale" questa sarebbe la prassi, in Italia, invece, non bastano né le condizioni oggettive di un uomo che non è più in grado di badare a sé stesso, né le perizie dei medici penitenziari, né tanto meno i numerosi appelli alle istituzioni. Vincenzino lannazzo è uno dei tre "boss" al centro del famoso "scandalo scarcerazioni" che tanto clamore suscitò nell'opinione pubblica, e che spinse l'ex ministro della Giustizia a varare in tutta fretta un decreto che agevolasse il loro ritorno in carcere.

Il Sig. Iannazzo soffre di una serie di patologie fra le quali spicca senza dubbio, per gravità e manifestazioni che comporta, la demenza a corpi di Lewy. Tale malattia, diagnosticata con assoluta certezza dal reparto di medicina protetta dell'Ospedale di Belcolle di Viterbo dove il Sig. Iannazzo è stato ricoverato ininterrottamente da giugno a novembre 2020, comporta per il detenuto gravi deficit di tutte le funzioni cognitive (memoria, attenzione, ragionamento, linguaggio), allucinazioni visive con conseguenti stati di agitazione e difficoltà a svolgere in maniera autonoma le attività del vivere giornaliero.

Nonostante questo quadro di assoluta gravità descritto dai sanitari che lo hanno avuto in cura, il Sig. Iannazzo è attualmente detenuto presso il Sai del carcere di Parma in regime di 41 bis, con tutte le restrizioni che esso comporta. In particolare, lo stato di isolamento h24 sta contribuendo, come peraltro già segnalato dai medici, a peggiorare inesorabilmente le condizioni di salute del detenuto, che si presenta ai colloqui con i familiari disorientato, confuso, spesso non riconoscendoli e con evidenti difficoltà comunicative con loro.

Basti pensare che i familiari sono costretti a portare nuovi indumenti a ogni colloquio senza mai ricevere indietro quelli sporchi. Stesso discorso per quanto riguarda i soldi che puntualmente accreditano sul conto del proprio congiunto: nessuno ne ha contezza né, tanto meno, riescono a sapere se vengono utilizzati. Lo stesso Istituto penitenziario ha segnalato l'impossibilità di fornire assistenza continuativa e cure adeguate al detenuto, che tuttavia continua ad essere ristretto in tali assurde condizioni. Ci siamo sempre chiesti, fin dall'inizio della trattazione di tale caso, e abbiamo rivolto, e rivolgiamo con maggior forza oggi, una serie di interrogativi alle istituzioni competenti: qual è il senso del regime detentivo, oltretutto particolarmente restrittivo, imposto per un soggetto che versa in tali condizioni psico-fisiche?

Quale rieducazione può realizzare la pena se lo stesso detenuto non è in grado di comprenderne il senso? Qual è la pericolosità sociale di una persona ormai demente e la minaccia che corre la società italiana da un suo cittadino, ormai completamente inerme e in balia degli eventi di cui ha poca contezza, tanto da dovergli applicare il regime del 41bis?

Si potrebbe obiettare, magari, che il Sig. Iannazzo non abbia collaborato con la giustizia ma, pur volendolo oggi fare, allo stato attuale ne è impossibilitato a causa della malattia, o di rivolgersi all'autorità giudiziaria, cosa che è stata fatta, ma l'udienza del tribunale di sorveglianza di Roma (competente per le istanze avverso al rinnovo di tale regime) fissata dopo oltre un anno dal decreto di rinnovo (datato giugno 2020), è stata rinviata al mese di novembre.

Nel frattempo, per il Sig. Iannazzo continua a essere perpetrata una detenzione, che in tali condizioni equivale a una tortura e per la quale ci pare vi siano tutti i presupposti per essere considerata un trattamento disumano e degradante, in palese contrasto non solo con l'articolo 27 della nostra Costituzione e 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, ma anche con il supremo principio, più volte richiamato in tale periodo di pandemia e tale da spingere il Governo a varare misure emergenziali per la sua tutela, del diritto alla salute, che troppo spesso viene calpestato per chi si trova all'interno delle mura carcerarie.

Inoltre, stridono profondamente le urla che si sono levate durante la fase dello pseudo scandalo scarcerazioni e la tempestività con cui si è provveduto a emanare il decreto affinché il Sig. Iannazzo, e tanti altri, venissero ricondotti in carcere con il silenzio assordante delle istituzioni e il lassismo con cui gli organi competenti stanno affrontando un caso urgente come questo. Ci auguriamo che presto le autorità possano ripristinare e far rispettare la legalità costituzionale affinché quei principi, su cui si fonda la nostra Repubblica e il nostro vivere civile, siano effettivi e non lettera morta.