di Annalisa Cuzzocrea e Liana Milella
La Repubblica, 8 luglio 2021
Ai grillini non piace che la prescrizione torni a correre dopo il primo grado. Cartabia non si ferma: oggi il nuovo processo penale arriva in Cdm. Sulla riforma della giustizia Mario Draghi e Marta Cartabia puntano i piedi. Nessun rinvio del Consiglio dei ministri che si terrà comunque oggi. Anche se il Movimento 5 stelle - dove come sempre volano falchi e colombe - vorrebbe ancora tempo per convincere la ministra della Giustizia che la formula della prescrizione ancora non va bene. Certo non è più quella dell'ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, anche se, come sottolineano in via Arenula, salva un pezzo "prezioso" di quella riforma. Perché comunque la prescrizione si ferma dopo il primo grado. Dopo però, in Appello e in Cassazione, torna a scattare.
Parte da qui la reazione negativa dei 5 stelle. Che si manifesta subito, quando la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina spiega ai suoi qual è il compromesso raggiunto. Nella riunione che alla Camera vede presente anche Bonafede viene fuori il dissenso, "così è un pannicello caldo", esclama un deputato. Certo, è vero che proprio la prescrizione firmata M5S resta confermata per tutto il primo grado, senza la distinzione tra condannati e assolti che invece era entrata nel lodo Conte bis. Una prescrizione che, fanno notare in via Arenula, avrebbe salvato il processo per le vittime di Viareggio, il caso citato mille volte proprio da Bonafede. Ma nella riunione si manifestano tutte le perplessità sugli altri due gradi di giudizio, quei due anni concessi all'Appello e i 12 mesi per la Cassazione che rappresentano una vera e propria "tagliola". Né basta la lista dei reati considerati "imprescrittibili", quelli che i codici considerano gravi e gravissimi, e che hanno diritto a più tempo. L'omicidio, la strage, il terrorismo, la mafia. Perché resta fuori la corruzione. E questo, per chi ha fatto proprio di questo reato, con la legge Spazzacorrotti, un vessillo, è per il Movimento insopportabile. I suoi ministri chiedono quindi che venga inserita nella lista dei reati che hanno diritto a una salvaguardia speciale. Se così non sarà, minacciano di non votare la riforma.
Chiedono a Draghi di fermarsi. Di aspettare, concedendo almeno una settimana per lavorare sul testo. Ma il premier e Cartabia si parlano e decidono che no, questa volta non si può più attendere. La riforma deve avere il sigillo della maggioranza e poi gli emendamenti al testo base del processo penale dell'ex ministro Bonafede devono "volare" alla Camera, in commissione Giustizia, visto che in aula la discussione è prevista per il 23 luglio. Di mezzo ci sono i fondi del Pnrr. L'obiettivo da tenere a mente è quello che l'Italia ha promesso all'Europa in cambio dei prestiti che arriveranno per fare investimenti finalizzati alla ripresa: tempi della giustizia più celeri.
Per questo, Draghi e Cartabia hanno detto no anche alle pressioni arrivate da Italia viva, che martedì ha mandato a parlare con la Guardasigilli Maria Elena Boschi e Lucia Annibali. Il partito di Matteo Renzi, visto da Palazzo Chigi, è un po' agitato. E ha tirato fuori una vecchia battaglia che vorrebbe fosse inserita nella riforma: una stretta sulle intercettazioni. Si tratta di un tema che non ha nulla a che fare con quello su cui si sta lavorando in queste ore. "Se si apre alle richieste ideologiche dei diversi partiti - dice chi lavora al dossier - si rischia di non uscirne". Anche perché comincia a farsi sentire anche la Lega, che chiede alla ministra della Giustizia di ridimensionare il ricorso al patteggiamento o alla messa alla prova per reati puniti fino a 10 anni, tra cui la corruzione.
E quindi oggi in Consiglio dei ministri Cartabia illustrerà i suoi emendamenti, e il presidente del Consiglio vorrebbe che ad appoggiarli fossero tutti i partiti di governo. Il Movimento 5 stelle dovrà scegliere cosa fare, se dare il via libera a un testo che comunque salva un pezzo della sua prescrizione. O se sfilarsi perché non ha ottenuto di più. Una decisione difficile, da prendere per di più senza una guida: i 7 saggi stanno ancora lavorando a un'intesa sullo statuto che possa far andare d'accordo Giuseppe Conte e Beppe Grillo. E la mediazione, sebbene a buon punto, è tutt'altro che chiusa.