di Luigi Manconi
Il Riformista, 8 luglio 2021
Perché aprire un nido nel carcere di Bologna quando l'ordinamento tende a scoraggiare la detenzione dei piccoli con le loro madri? fondi stanziati per le case famiglia protette non sono ancora stati ripartiti tra le Regioni. La legge per impedire l'ingresso dei bimbi in galera sembra bloccata. Un intervento della guardasigilli e del governo ora è indispensabile.
Gentile Ministra Marta Cartabia, si è appreso da articoli di stampa che verrà inaugurato, nel carcere bolognese della Dozza, un asilo nido destinato ad accogliere bambine e bambini detenuti (attualmente. all'interno del sistema penitenziario italiano, sono 294.
Dal momento che - come viene precisato - quella struttura non ospita e non ospiterà prossimamente alcun minore, c'è da chiedersi quale mai fosse la necessità e l'urgenza di realizzarla. In generale, la scelta di aprire un asilo nido in carcere desta ancora maggiore preoccupazione, considerato che una simile iniziativa è in aperta contraddizione con le più recenti tendenze dell'ordinamento, che vanno, tutte, in direzione esattamente opposta.
Ovvero, nel senso di scoraggiare la detenzione di bambine e bambini in carcere insieme alle madri, privilegiando invece la loro assegnazione a istituti di custodia attenuata o, ancora meglio e preferibilmente, a case-famiglia protette. In questa direzione va il recente stanziamento di 4,5 milioni di euro disposto dall'articolo 1, comma 322 della legge 30 dicembre 2020, n.178, al fine di contribuire all'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette e in case-alloggio per l'accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino.
Il successivo comma 323 prevede, peraltro, che il riparto di detta dotazione tra le Regioni sia effettuato con decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sentita la Conferenza Unificata, da adottarsi entro due mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge. A oggi, tuttavia, non risulta ancora determinato il suddetto riparto. Tutto è fermo.
Mi permetto dunque di rivolgermi a lei per richiamare la sua attenzione sull'assoluta urgenza di provvedere al riguardo, al fine di consentire l'apertura - su tutto il territorio nazionale - di case-famiglia protette. Si tratta infatti, insieme all'intervento sulle previsioni del codice di procedura penale che, ancora, limitano le possibilità di ricorso a tale forma di detenzione alternativa, di una misura assolutamente necessaria per realizzare l'obiettivo - a tutte e tutti molto caro, credo, spero - di evitare che anche un solo bambino varchi la soglia della galera.
Alla Camera dei Deputati è iniziata la discussione su una legge di riforma che possa perseguire quella finalità, ma ora tutto sembra bloccato: ed è forte il rischio di un rinvio a tempi non prevedibili. Di conseguenza diventa indispensabile un intervento suo e del Governo, anche valutando l'opportunità di un provvedimento normativo d'urgenza che possa agevolare, con solido indirizzo, l'attività parlamentare in corso. Ciò confermerebbe che tale questione - modesta per dimensioni, ma eccezionale per il suo significato etico- simbolico - è ritenuta una priorità politica e, ancora prima, umanitaria. Confidando nella sua intelligenza e sensibilità, la saluto cordialmente.