di Christian Sormani
Il Giorno, 26 ottobre 2021
La ministra Cartabia in visita alla coop dei detenuti. Ha ascoltato la testimonianza del primo dipendente: "La Valle di Ezechiele è un nome che evoca la rinascita. Soltanto con la sinergia di tutte le istituzioni e il contributo di ognuno si può cambiare la vita delle persone".
C'era anche la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, in visita alla cooperativa "La valle di Ezechiele" a Fagnano Olona. La ministra aveva prima effettuato una visita al carcere di Busto Arsizio incontrando una rappresentanza dei detenuti e della polizia penitenziaria. "La pena non come vendetta ma come cura" ha sottolineato la Cartabia durante il tour della cooperativa che offre lavoro a persone ristrette o sottoposte alle misure alternative al carcere.
"La Valle di Ezechiele è un nome che evoca la rinascita" ha spiegato la ministra dopo aver ascoltato la testimonianza di Bayoussef Bouizgar, il primo dipendente della coop. "Il lavoro dentro al carcere e fuori dal carcere - continua la ministra - ha una funzione decisiva. È la prima strada attraverso la quale ogni persona trova una possibilità, oltre che di sostentamento, di espressione di sé. Di essere utili, oltre che a sé stessi, anche alla vita sociale.
Il lavoro dentro il carcere è un elemento fondamentale che già oggi è curato con particolare attenzione ma i dati dicono che le persone che lavorano dentro al carcere a giugno erano circa 18mila su 54 mila detenuti: un numero non piccolo date le difficoltà ma un numero ampiamente insufficiente. Il carcere ha bisogno di reti, di rapporti, di realtà locali, di legami con il territorio come quelle che si sono create intorno al carcere di Busto Arsizio e intorno a questa cooperativa. Perché soltanto nella sinergia di tutte le istituzioni, del fuori che va dentro e del dentro che va fuori, ma soprattutto con il contributo di ognuno, anche con cose semplici, si può cambiare la vita delle persone".
Un impegno concreto quello della guardasigilli sangiorgese: "Come ministro della Giustizia mi sono trovata di fronte a un mare di bisogni quando mi sono affacciata sulla realtà del carcere. Sono bisogni aumentati dalle asprezze degli anni della pandemia, ma anche adesso che grazie alle vaccinazioni, a cui è stata data giustamente una priorità nel carcere, stiamo cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel, c'è ancora un mare di bisogni davanti a noi sotto ogni profilo: dalle condizioni materiali alla tutela della salute, dall'istruzione alla cultura. Ma se c'è un particolare bisogno a cui prestare attenzione è proprio quello del lavoro per dare una concreta speranza di vita diversa a chi sta scontando il suo debito con la società.
La coop bustocca nasce formalmente nel giugno 2019, grazie a don David, cappellano della Casa Circondariale di Busto Arsizio. Il nome fa riferimento al capitolo 37 di Ezechiele che si trova a camminare in una valle piena di "ossa inaridite": pezzi di vita, umanità sconnesse, relazioni frantumate, passati difficili e un futuro incerto. Nel luglio seguente avvia in carcere un corso di fotografia, guidato dal giovane e talentuoso fotografo Hermes Mereghetti. Dagli scatti degli iscritti al corso viene alla luce il calendario artistico "La Valle di Ezechiele" 2020. Durante il lockdown, avvia la produzione e la vendita di un particolare crocifisso.