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di Luigi Ferrarella


Corriere della Sera, 11 maggio 2020

 

Il nostro ordinamento prevede già che i giudizi di sorveglianza possano riconsiderare a breve le ordinanze di scarcerazione. Il caso del detenuto di Bologna ricoverato una prima volta e poi rientrato in cella.

Basta leggere le recenti più discusse ordinanze di scarcerazione di detenuti con gravi patologie per constatare che già ordinariamente i giudici di sorveglianza vi prevedevano la riconsiderazione a breve, e al massimo entro 5 mesi (ora l'ultimo decreto legge di sabato notte la imporrà entro 15 giorni e poi ogni mese) del bilanciamento tra caratura criminale del detenuto malato e gravità dei motivi di salute.

Basta leggerle per riscontrare che nella valutazione dei giudici sono sempre entrate, quando erano fornite dalle Procure generali, eventuali informazioni sull'attualità di legami criminali di mafiosi e narcotrafficanti (ora il penultimo decreto legge aggiunge l'obbligo di attendere il parere anche dei pm antimafia distrettuale e nazionale).

Basta leggerle per verificare che i differimenti della pena in detenzione domiciliare sono stati decisi solo quando il ministeriale Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria-Dap, e la sanità penitenziaria di competenza dal 2008 delle Regioni, non erano stati in grado di assicurare le terapie indifferibili per la vita dei detenuti (ora l'ultimo decreto legge prescrive che il giudice riesamini i casi connessi al virus Covid quando gli venga comunicata la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto).

La Corte di Strasburgo - Dunque è solo un decreto-Lapalisse quello approvato dal governo sabato notte (il secondo decreto legge sulle carceri in due settimane e il terzo in due mesi), pubblicizzato invece dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (al Tg1 delle 13.30 di domenica) come "provvedimento straordinario per momenti straordinari", dopo il quale "i giudici dovranno rivalutare le scarcerazioni che hanno disposto".

Intanto sarà interessante vedere come quelle strutture sanitarie, che oggi le cronache hanno appunto dimostrato mancare o scarseggiare, potranno essere di colpo allestite se "dall'attuazione del presente provvedimento" (avverte al solito l'articolo 6 del decreto legge) "non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica".

E quanto al "dover rivalutare", è imperativo che forse il Guardasigilli potrebbe iniziare ad applicare al proprio Ministero, tuttora inadempiente ad esempio al rarissimo ordine urgente impartito all'Italia il 7 aprile dalla "Corte Europea dei Diritti dell'Uomo" di Strasburgo, di far cessare l'illegale detenzione in carcere a Rebibbia da novembre 2018 di un giovane paziente psichiatrico, per il quale il Ministero e le Regioni non trovano un posto nelle "Rems-Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza".

Vicenda tuttavia poco o per nulla alla ribalta, come del resto la morte per Covid-19 l'altro giorno in ospedale di un detenuto contagiatosi in febbraio nel carcere di Bologna, ricoverato una prima volta il 31 marzo, fatto rientrare in cella l'11 aprile, quindi di nuovo ricoverato il 18 aprile nell'ospedale dove è morto. M.G., 67 anni, ex tossicodipendente, affetto da patologie pregresse, era in attesa di perizia psichiatrica e agli arresti per aver aggredito la madre, morta poi per embolia dopo (o a causa) delle lesioni.

Non ha avuto una riga a livello nazionale, questo ottavo morto nell'universo del carcere (quattro detenuti, due agenti e due medici penitenziari), benché a parole tutta la scomposta polemica di questi giorni poggiasse proprio sul contrabbandare il rischio-virus come inesistente "scusa" e strumentale "pretesto" per supposte superficiali scarcerazioni di detenuti già affetti da patologie per le quali il Covid-19 può essere palese concausa di aggravamento.

Amnesie selettive, perché elidere dall'informazione pezzi di realtà è forse l'unico modo per poter serenamente continuare a spacciare, al posto della realtà, la fiction del carcere come "luogo più sicuro al mondo".