di Paola Rossi
Il Sole 24 Ore, 23 gennaio 2021
Polizia e paramilitari hanno adottato torture e ingiustificate detenzioni come metodo di contenimento delle proteste. Numerose le violazioni dei diritti umani durante le proteste di Maidan in Ucraina. Così la Corte europea dei diritti dell'uomo con diverse sentenze (ricorsi nn. 15367/14, 12482/14, 39800/14, 42753/14, 43860/14, 21429/14 e 58925/14) ha stigmatizzato come torture e attentati alla sicurezza e alla libertà personale le azioni di repressione della protesta operate dalle forze dell'ordine e da corpi paramilitari. I giudici della Corte europea, all'unanimità, hanno affermato l'avvenuta violazione di diversi diritti umani tutelati dalla convenzione Cedu: articolo 3 (divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti); articolo 5, paragrafi 1 e 3 (diritto alla libertà e alla sicurezza); articolo 11 (libertà di riunione e associazione); articolo 2 (diritto alla vita); articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare).
I fatti sono quelli noti per la cronaca come le proteste di Maidan, dal nome della piazza principale di Kiev, e quelli delle manifestazioni tenutesi in altre città dell'Ucraina. E sotto la lente della Corte Cedu sono finite le attività di contrasto a tali proteste, ma soprattutto le modalità con cui sono state realizzate: dalla dispersione dei manifestanti alla loro detenzione, dal rapimento di attivisti ai maltrattamenti loro inflitti. Tutti i ricorrenti davanti alla giustizia europea, erano stati coinvolti negli scontri con la polizia o con gli agenti non statali, accusati gli uni e gli altri di avere impiegato modi brutali verso i manifestanti, a cui sarebbe stato negato il diritto a manifestare, anche con detenzioni ingiustificate e, in un caso, con l'omicidio.
Per la Corte è stata raggiunta la prova che la repressione sia stata deliberatamente condotta con violenza e maltrattamenti. Da cui la responsabilità dello Stato, che si sarebbe affidato proprio a tali mezzi illegali e contrari al rispetto dei diritti umani, al fine di far rientrare le proteste. Quindi una vera e propria strategia di umiliazioni e violenze tali da fiaccare i manifestanti. La protesta prende l'avvio nel 2013 quando lo Stato ucraino pone nel nulla l'accordo di associazione con l'Unione europea e culminerà nei moti "rivoluzionari" del 2014.