di Chiara D'Incà
triesteallnews.it, 23 gennaio 2021
Era marzo 2020, quasi un anno fa, quando, con l'avanzare del problema epidemiologico, emergevano le prime rivolte dei carcerati contro il sovraffollamento negli istituti penitenziari. Proteste che hanno convolto in particolar modo San Vittore (Milano), ma che sollevano il velo di una ferita di tutta la Penisola, ancora aperta e fresca, che mostra alcune delle fragilità caratterizzanti gli istituti penitenziari italiani.
Il Covid non ha fatto altro che esasperare alcune problematiche, soprattutto in materia di presidi, prevenzione e salute psicologica dei detenuti. Si acuisce infatti il peso mentale che, in una situazione già di per sé complessa come la costrizione in un istituto detentivo, viene condito anche dall'emergenza epidemiologica che intercorre.
"Noi siamo stati abbastanza attenti fin da subito a definire un protocollo di collaborazione con l'amministrazione penitenziaria" sostiene, nel corso di un'intervista tenutasi sulla Pagina Facebook di Infohandicap, Alberto Fragali, referente del servizio di sanità penitenziaria del distretto sanitario di Udine, sottolineando come "chiunque entra all'interno dell'Istituto viene sottoposto alla misurazione con termoscanner della la temperatura e alla compilazione di un'autocertificazione e, in ogni caso, è stato concordato che verranno effettuati dei test, con cadenza quindicinale del personale, e, per la popolazione detenuta, mensile, essendo una comunità più chiusa".
Un'attività che, ovviamente, non è neonata ma "è partita già da settembre - prosegue Fragali - e, gli unici casi registrati riguardanti quattro agenti penitenziari e una unità del personale amministrativo, sono stati gestiti tranquillamente, perché si sono positivizzati mentre erano fuori servizio, dunque tutto è avvenuto nei rispettivi nuclei familiari.
Quando c'è stata necessità, ovvero con il caso di un detenuto posto in isolamento precauzionale e poi risultato positivo, abbiamo proceduto comunque a testare tutta la popolazione del carcere, nonché il personale sia della polizia sia dell'amministrativo. Abbiamo quindi messo in atto un cordone sanitario che finora ha dato i suoi risultati, sperando di mantenerci così ancora a lungo".
Un'intervista, quella di Infohandicap, che ha visto anche la presenza di Natascia Marzinotto, garante dei diritti dei detenuti e delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale di Udine, che ha portato una panoramica sulle fragilità sanitarie nel comparto penitenziario e come quest'ultime vengono affrontate.
"A livello sanitario non ci sono grossi problemi, vista la rete capillare che si è fortunatamente creata, ma il detenuto, non essendo più impegnato in alcuna attività, interrotte a causa dell'attuale realtà di emergenza, tende ad esasperare qualsiasi tipo di problematica.
Un lavoro che convoglia quindi, per forza di cose, in un necessario lavoro psicologico: "Operiamo con un'attenzione costante per tutte le persone presenti all'interno dell'Istituto, tenendo conto che l'età media è piuttosto bassa - dichiara Fragali - ci sono molti giovani nella Casa Circondariale, l'attenzione maggiore va rivolta alla salute mentale, quindi a persone portatrici di problemi psicologici o psichiatrici.
Nell'ultimo incontro che abbiamo fatto - prosegue il referente del servizio di sanità penitenziaria - lo psicologo che era in servizio, opererà in un'altra struttura e quindi le ore che avevano a disposizione verranno a mancare. È stata quindi avanzata una richiesta per sapere se saremo in grado di assicurare più ore di supporto e consulenza dal punto di vista psicologico, perché si avverte la necessità in questo periodo di avere qualcuno che sia di riferimento per queste persone".
Della stessa idea anche Natascia Marzinotto che, ha tenuto a sottolineare, come, secondo lei, "La figura dello psicologo sia essenziale, specialmente in questo periodo. Ma ci son due problemi che devo sollevare: il primo è che il monte ore affidato a questa figura non è apportato alle esigenze dei carcerati, ma al numero di detenuti in carcere.
Si parla di un complessivo di ore minimo, dalle 56 a 46 ore annuali, con 155 detenuti presenti - rimarca Marzinotto - inoltre gran parte di questo monte ore viene occupato dallo psicologo per le ore delle commissioni di disciplina, perché l'ultima riforma dell'ordinamento penitenziario ha inserito questa figura nella commissione.
Quindi, contando che nel carcere di Udine, ogni settimana, un giorno è dedicato alla commissione, è ovvio che il motore dello psicologo viene dedicato alla sezione disciplinare, con un'altra aggravante: quest'ultimo infatti dovrebbe essere una persona che entra quasi in empatia con il detenuto, guadagnando anche una sorta di fiducia, per comprende quali sono le sue problematiche.
Il carcerato però si ritrova da un lato lo psicologo che dovrebbe fare terapia ma al contempo lo vede in commissione in veste di giudicante". Una serie di problematiche che va quindi oltre all'emergenza Covid-19, spostandosi anche verso altri lidi.
"Ci sono diversi problemi anche al di fuori della pandemia: non ci sono, ad esempio, spazi ampi per le famiglie con minori, dove non c'è la possibilità di colloqui adeguati. Manca questa sezione, ma non solo: non sono presenti anche zone per attività culturali, ricreative e, soprattutto, lavorative - sottolinea Marzinotto - i detenuti chiedono proprio di essere rieducati e, per ora, svolgono solo lavori 'domestici' a turni, che vanno dalle 3 settimane".
Parlando invece dell'aspetto prettamente sanitario, la garante dei diritti pone l'attenzione anche "sull'aspetto di indigenza di molti detenuti: come prima cosa i presidi sanitari dovrebbero esser messi a disposizione, perché in tutte le istituzioni penitenziere manca il rifornimento, mettendo il detenuto nella condizione d'obbligo di acquistare le mascherine.
Ma se 80 detenuti su 135 sono stranieri, e credo che una cinquantina di questi sono indigenti assoluti, quindi non possedenti nemmeno un centesimo, non sono nelle condizioni di acquistarsi delle mascherine in autonomia. Quindi questo sbilanciamento non consente di attrarre al meglio le misure di prevenzione necessarie" conclude Marzinotto.