sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Carlo Lania


Il Manifesto, 20 aprile 2021

 

In programma un vertice in Italia con esponenti libici e le agenzie Onu sui diritti umani. Con un occhio al prossimo decreto missioni. L'impegno a organizzare a Roma un incontro tra esponenti del governo libico e le agenzie dell'Onu, Unhcr e Oim, che si occupano di rifugiati e migranti. Ma anche le (ormai) consuete pressioni perché Tripoli eserciti maggiori controlli sulle sue frontiere meridionali dalle quali passano decine di migliaia di migranti, e lungo le coste per arginare le partenze dei barconi. In cambio, l'impegno dell'Italia a sostenere progetti di collaborazione allo sviluppo coinvolgendo anche l'Unione europea.

Nonostante le trasferte già avvenute del premier Mario Draghi e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al Viminale preferiscono ancora considerare il viaggio compiuto ieri in Libia dalla ministra Luciana Lamorgese come un "primo approccio", l'avvio di una collaborazione tra Italia e il nuovo governo di unità nazionale guidato al premier Abdlamid Dabaiba che ieri la ministra ha incontrato insieme al presidente del Consiglio presidenziale dello Stato Mohames Younis Ahmed al-Menfi e al ministro dell'Interno Khaled Tijani Mazen. La missione libica ha però anche una forte valenza politica interna, specie dopo che gli apprezzamenti rivolti da Draghi alla Libia per i "salvataggi" compiuti dalla cosiddetta Guardia costiera libica, hanno di nuovo riaperto la questione della sistematica violazione dei diritti umani nel Paese nordafricano.

Per questo Lamorgese è tornata a chiedere una risposta alle osservazioni presentate a luglio dello scorso anno da Roma al Memorandum Italia-Libia con le quali si sollecitava un maggior coinvolgimento proprio di Unhcr e Oim nel controllare le condizioni di vita dei migranti nei centri di detenzione libici, condizioni che saranno anche oggetto del futuro vertice romano. Ottenere rassicurazioni in tal senso, è quindi importante per il governo in vista dell'imminente discussione in parlamento del decreto missioni per provare a disinnescare possibili contestazioni a un nuovo finanziamento alla Marina libica tra le forze della maggioranza che sostiene Draghi. E poco importa se analoghe rassicurazioni erano state fornite anche nel 2020 dal precedente esecutivo guidato a Fayez al-Sarraj senza che nel frattempo nulla sia cambiato.

Il viaggio di ieri è stato preceduto da una telefonata tra Lamorgese e Mazen ed avviene in un momento in cui in Libia l'Italia deve ritrovare il suo spazio. Oltre alla Turchia e alla Russia, che si dividono il Paese, il mese scorso la Francia ha riaperto la sua ambasciata e Macron, insieme alla promessa di finanziamenti per la formazione della polizia di frontiera cerca, per ora senza successo, di assumere il controllo della frontiera con il Niger per arginare i flussi dei migranti ed eventuali infiltrazioni da parte di terroristi. L'Unione europea, invece, si prepara a inviare entro la fine di aprile un proprio ambasciatore a Tripoli. In questo scenario ci sono i dati dell'agenzia europea Frontex che segnalano come il numero dei migranti che a marzo hanno attraversato il Mediterraneo centrale sia quadruplicato (1.800) rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, quando la pandemia era appena cominciata. Numeri che fanno temere al Viminale un'impennata degli arrivi non appena le condizioni del tempo lo permetteranno.

Intervenire nella gestione di questi flussi per Roma diventa quindi fondamentale, anche se la questione migranti più che nelle mani del governo libico è in quelle della Turchia che nella base navale di al Khums, recentemente ricostruita, addestra da mesi la Guardia costiera di Tripoli. Ieri comunque, per non smentirsi, in serata il ministero dell'Interno libico ha ricordato come Mazen abbia tra l'altro chiesto a Lamorgese corsi di formazione per "l'aviazione della polizia, la sicurezza costiera e altri corsi specialistici nel campo della lotta all'immigrazione illegale".

Lamorgese si è impegnata ad alleggerire la pressione in Libia ricominciando a organizzare corridoi umanitari verso l'Italia. Tecnicamente più che corridoi, come spiega l'Unhcr, si tratta di evacuazioni umanitarie dei soggetti più vulnerabili - persone malate, donne sole o incinta, minori e famiglie - e per quanto importanti, finora si tratta ancora di numeri limitati: dal 2017 al 12 settembre 2019 ne sono stati effettuati in tutto appena otto (sei direttamente dalla Libia all'Italia e due passando dal Niger), che hanno permesso il trasferimento in Italia di 913 persone.