di Sofia Segre Reinach*
Corriere della Sera, 20 aprile 2021
Oltre la chemio e le sbarre nel segno della speranza. I ragazzi affetti da patologie gravi che realizzano Il Bullone si sono confrontati con i reclusi del carcere milanese. Le paure del dopo Covid e una certezza: "Insieme imperiamo sempre qualcosa".
I B.Liver, ragazzi affetti da patologie gravi e croniche che realizzano il giornale mensile Il Bullone (nella foto la copertina dell'ultimo numero), e i reclusi del carcere di Opera. Non è la prima volta. Era già successo due volte, prima del lockdown, un confronto in presenza duro e sincero, sulla libertà, il senso della giustizia, la malattia e il confronto, chissà perché inevitabile, tra chemio e sbarre. Anche sabato 10 aprile il bisogno di incrociarsi tra due comunità così diverse ma con tratti simili ha spinto Bill Niada, il fondatore del Bullone e Giovanna Musco, responsabile dell'Associazione In Opera, a mettere insieme ragazzi e detenuti.
Un incontro in remoto, come si dice adesso quando uno sta a casa sua e gli altri tutti insieme in una stanza. In una bolla del carcere. Il Covid ha diviso i raggi in bolle, i detenuti 30-40 stanno insieme dalla mattina alla sera, sempre loro, senza contatti con altri reclusi per ridurre al minimo eventuali contagi. La tecnologia ha aiutato tutti a dimenticare la sofferenza che si aggiunge ad altra sofferenza che ci ha colpito da più di un anno.
Prima domanda: abbiamo davanti a noi ragioni di speranza? Ci sono ragioni che possono preservarci dalla disperazione? Che servono a mantenerci in cammino? E si apre il dibattito tra speranza "che in carcere è forse solo una parola, ma non la perdiamo mai", come ha detto Giuseppe, e la bolla. Bolla tra le celle, negli ospedali, a casa propria, sul lavoro. "Prigioni diverse" ha aggiunto Giulia, una B.Liver stanca di aspettare che tutto finisca.
Carlo, un altro recluso, ha preferito andare oltre: "Io sono oltre la bolla. Che cosa succederà dopo? Come mi adatterò al nuovo corso? Come quando uscirò da qui: riuscirò a reinserirmi in una vita sociale normale?". Mattia: "La bolla? Un modo come un altro per riscoprire se stessi, capiti gli errori che ci hanno portato qua dentro". La B.Liver Oriana accarezza: "Quanto coraggio che avete, mi piace parlate con voi s'impara sempre". Alex, un altro detenuto, accetta la carezza in remoto e rilancia: "Siamo noi che impariamo da voi, stiamo bene insieme quando ci confrontiamo".
Mai nessuno ha chiesto: qual è il tuo reato? Come mai nessuno ha chiesto: qual è la tua malattia? Due citazioni, invece. Un recluso ha parlato di Saramago, Cecità: "Se dovessimo tutti insieme perdere la vista... provate ad immaginare che cosa succederebbe...". Un B.Liver è andato su Kierkegaard che ha definito la speranza "la passione del possibile". E tre ore sono volate via, è mancato solo l'abbraccio finale. Con Andrea, come Carlo, Giuseppe, Alex, Alessio, Mattia, che saluta tutti e dice: "Torniamo nella nostra bolla, a presto". Sarah saluta anche lei da casa con il suo iPad: le parole sono creature viventi. Si sta bene anche così.
*Operatrice de "Il Bullone"