di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 14 maggio 2024
Per la Corte costituzionale è “irragionevole la limitazione per chi ha dimostrato di non avere più collegamenti con la criminalità organizzata e di essere meritevole dei benefici penitenziari”. La Corte costituzionale, con la sentenza numero 85, ha dichiarato illegittima la norma che impone un regime più restrittivo in materia di telefonate con i figli minori per i detenuti ostativi che hanno accesso ai benefici penitenziari. La Consulta ha accolto la questione sollevata da un magistrato di sorveglianza di Padova, ritenendo irragionevole che un detenuto condannato per un reato “ostativo” (tra cui quelli di mafia, terrorismo ed eversione) sia stato sottoposto - durante il periodo pandemico - a limitazioni nelle comunicazioni telefoniche con i figli minori, pur potendo fruire di altri benefici come i permessi premio.
ansa.it, 14 maggio 2024
Oggi, alle 17.30, alla Sala Stampa della Camera dei Deputati la presentazione della proposta di legge. Trascorrere, per i magistrati di nuova nomina, quindici giorni in carcere da trascorrere obbligatoriamente tra i detenuti. È questa, parte di una proposta ideata dell’Associazione “Amici di Leonardo Sciascia”, presieduta dall’avvocata Simona Viola, da presentare in Parlamento, e che riguarderebbe tutti i futuri magistrati subito dopo avere vinto il concorso. L’iniziativa è co-promossa dall’associazione “Italia Stato di Diritto”, presieduta dall’avvocato Guido Camera, che ha contribuito attivamente a redigere il testo insieme a un gruppo di lavoro di avvocati e docenti universitari.
di Valentina Stella
Il Dubbio, 14 maggio 2024
Gli impegni della campagna elettorale allontanano il sì al ddl. “Gli accordi erano altri”, dicono gli azzurri. Sabato scorso a Palermo, a margine del suo intervento al 36esimo congresso dell’Associazione nazionale magistrati, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha ammesso ai cronisti: “In questo momento si stanno affollando provvedimenti di vari tipi, siamo in campagna elettorale e questo riduce di molto le possibilità di riunione del Parlamento e dello stesso governo. Quindi, per quanto riguarda i tempi per la riforma della separazione delle carriere, non ho una data”.
di Mario Di Vito
Il Manifesto, 14 maggio 2024
Dopo il passo indietro di Nordio sulla separazione delle carriere, tra le toghe non diminuiscono le perplessità. Santalucia (Anm) risponde al complottista Crosetto. L’impressione che lasciato Carlo Nordio alle toghe riunite in congresso a Palermo lo scorso weekend è quella di un ministro dimezzato. Non è sfuggito a nessuno, infatti, che l’attesa riforma della giustizia, data per imminente la settimana scorsa, è destinata a slittare a data da destinarsi. L’ha detto proprio Nordio sabato mattina: la campagna elettorale delle europee non dà modo di lavorare su un dossier tanto delicato. Sullo sfondo, però, si intuiscono altre questioni: il caso Liguria sta dando di che riflettere alle forze di governo, e, nonostante la separazione delle carriere è uno di quegli scalpi che soprattutto Forza Italia vorrebbe poter dire di aver conquistato prima del voto, arrivare a un testo condiviso da far uscire dal consiglio dei ministri non è sembrato fattibile a nessuno. La questione, tuttavia, non è chiusa. E le toghe lo sanno bene.
di Adriana Logroscino
Corriere della Sera, 14 maggio 2024
La giustizia è terreno di contro sia tra le forze politiche sia tra toghe e governo. Il ministro della Difesa: “Sono stato invitato alla cautela. Ma se qualcuno inventasse qualcosa per farmi male sarebbe un problema della democrazia”. È ancora la giustizia il terreno di scontro più violento, mentre il voto delle Europee si avvicina. Uno scontro in cui si fronteggiano i partiti tra loro e il governo con i magistrati. Nel giorno in cui si chiude il congresso dell’Anm a Palermo, le toghe confermano il loro no alla separazione delle carriere (“Non si tratta”), respingono l’accusa di corporativismo - “Non siamo una casta” - e rivendicano il diritto di partecipare al dibattito senza subire attacchi. Dopo il sostegno del Pd, incassano quello di M5S e Verdi e sinistra. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, però, nelle stesse ore lancia un nuovo allarme contro i “pm politicizzati” e avverte: “Se ora qualcuno, nella magistratura, per via delle opinioni che ho espresso, inventasse qualcosa per provare a farmi male, sarebbe un problema della democrazia”.
di Francesco Petrelli*
La Stampa, 14 maggio 2024
La dottoressa Stasio, nel rispondere alle critiche rivoltele per i contenuti del suo articolo “La separazione delle carriere e la scelta degli avvocati”, parla di “intolleranza” nei confronti di “opinioni dissenzienti” e di “aggressione personale”. Un modo, anche questo, di continuare a ricorrere al vizio populista di dividere il mondo fra chi sta dalla parte del bene e chi dalla parte del male, fra buoni e cattivi e di spostare il discorso dal mondo delle idee e del pensiero a quello degli schieramenti contrapposti. Non ci piace che si dia il patentino di “democratico” solo a chi la pensa come noi.
di Claudio Cerasa
Il Foglio, 14 maggio 2024
Arriva sempre un momento, durante un’inchiesta che ha grande rilievo sui media, in cui le accuse non sono più sufficienti a sfamare la pancia dell’opinione pubblica. E’ in quel momento che tra i giornali, i cronisti e le procure scatta come una scintilla magica: noi continuiamo a occuparci volentieri di questa inchiesta, voi però continuate a offrirci bignè per poter saziare l’appetito dei nostri lettori. Così arriva quella fase durante la quale le inchieste giudiziarie vengono affiancate sui giornali da allusioni gratuite, da aggettivi fuori luogo e da una serie di parole ricorrenti - tre in particolare - il cui utilizzo segnala con una certa precisione un passaggio durante la fase di un’inchiesta: “l’ora del cialtrone”.
di Angela Nocioni
L’Unità, 14 maggio 2024
In sala colloqui, a Reggio, origliano l’incontro tra la donna iraniana e il difensore e poi si accaniscono proibendole di tenere in mano l’immagine del bambino. Intanto in appello fioccano le assoluzioni di poveretti condannati in primo grado. Guardate che bell’ambientino il Tribunale di Locri. Che interessanti relazioni tra avvocati e pm, che garanzie per gli imputati poveri cristi. La Camera penale locale ha condannato un pezzo dell’Unità titolato “Pregate Dio di non finire in mano al Tribunale di Locri, la fabbrica degli scafisti” bollandolo in un comunicato mandato ai giornali calabresi come “chiaro ed evidente attacco all’amministrazione della giustizia verso i magistrati del Tribunale di Locri e, quindi, anche dell’avvocatura penale che ne consentirebbe un uso spregiudicato e al di fuori delle regole”. Strani penalisti questi che si scapicollano a difendere i pm. Come non s’è visto fare da avvocati nemmeno nel Venezuela di Nicolas Maduro, chissà in Afghanistan.
di Luigi Ferrarella
Corriere della Sera, 14 maggio 2024
L’avvocata Alessia Pontenani ha accusato madre e sorella dell’imputata di “responsabilità morale”. Viviana Pifferi: “Diana sarebbe ancora qui se fosse toccato a noi difenderla”. Di positivo - quando la Corte d’Assise lunedì mattina entra in camera di consiglio per la sentenza su Alessia Pifferi, imputata d’aver lasciato sola a casa a morire di sete e fame la figlia di 18 mesi Diana nei sei giorni di luglio 2022 in cui era in vacanza fuori Milano con un uomo - c’è che mette fine a un match che stava scendendo un po’ troppo sotto la cintura: di qua l’avvocata Alessia Pontenani (indagata dal pm in una controversa inchiesta-parallela su due psicologhe di Pifferi a San Vittore) che accusa madre e sorella dell’imputata di “responsabilità morale, sono stanca di questa famiglia comportatasi malissimo, se si fossero occupati di lei non saremmo qua”; e di là il pm Francesco De Tommasi a replicare chiedendo ai giurati popolari di “non riconoscere alcun beneficio” all’imputata “bugiarda, attrice e due volte traditrice di Diana quando la lasciò sola e quando qui ha mentito”, ma di condannarla all’ergastolo per “offrirle una speranza” (dice così), “la speranza di superare e compensare, attraverso la sofferenza della pena, il dolore che prima o poi le esploderà dentro”.
di Damiano Aliprandi
Il Dubbio, 14 maggio 2024
Il giudice deve valutare il comportamento e la situazione del condannato. Per valutare l’idoneità del detenuto all’affidamento in prova al servizio sociale, non basta limitarsi alla natura e alla gravità dei reati commessi. Questi rappresentano il punto di partenza per l’analisi della personalità del condannato, ma non possono essere l’unico elemento determinante. Fondamentale è anche la valutazione della condotta successiva e dei comportamenti attuali del detenuto. Questi ultimi sono essenziali per determinare se il condannato sia in un reale percorso di recupero sociale e se il rischio di recidiva sia minimizzato. Con la sentenza numero 18168, la Cassazione ha annullato l’ordinanza di rigetto impugnata dal detenuto e ha disposto un nuovo giudizio da parte del Tribunale di sorveglianza. Il Tribunale, in piena autonomia decisionale, dovrà tenere conto dei rilievi indicati dalla Cassazione.
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