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di Liana Milella

 

La Repubblica, 9 dicembre 2021

 

La direttiva del procuratore di Perugia a polizia, carabinieri e Gdf: il 14 dicembre entra in vigore la legge che vieta di dare i nomi alle inchieste e conferenze stampa, obbliga pm e gip a usare sempre la definizione di presunto innocente. Ma l'ex presidente dell'Anac è pronto a dare l'accesso alla stampa su tutti gli atti non più coperti da segreto.

Entra in vigore, il 14 dicembre, la legge sulla presunzione d'innocenza - tecnicamente è un decreto legislativo - e rappresenterà uno "spartiacque" per magistrati e giornalisti sul piano della comunicazione. Le implicazioni sono molto importanti e non passano inosservate a Raffaele Cantone, oggi capo della procura di Perugia dopo gli anni al vertice dell'Anac e prim'ancora a Napoli come pm anti-camorra.

Perché procure e polizie non potranno tenere sempre, quando vogliono come adesso, conferenze stampa su operazioni importanti, ma ci vorranno "ragioni di interesse pubblico" per poterle fare. Anche le polizie dovranno essere autorizzate. Non si potranno più dare nomi alle inchieste. L'indagato dovrà essere sempre descritto come un "presunto innocente", pena il rischio di rettifiche.

Una legge che alcuni procuratori condividono, mentre altri la ritengono decisamente dannosa. Certo Cantone non può essere inserito nel primo elenco, anche se i suoi toni, pur fermi, sono assertivi. Nella direttiva di 5 pagine che Cantone indirizza alle tre polizie per scandire i futuri passi della comunicazione - pubblicata integralmente dalla rivista Sistema penale, diretta da Gian Luigi Gatta, docente di diritto penale alla Statale di Milano e oggi uno dei più stretti collaboratori della ministra Marta Cartabia - Cantone afferma testualmente: "Si è consapevoli che norme così rigorose potranno limitare il diritto degli operatori dell'informazione all'accesso alle notizie e persino, per una non voluta eterogenesi dei fini, incentivare la ricerca di esse attraverso canali diversi, non ufficiali o perfino non legittimi".

Cantone, innanzitutto, interpreta i criteri indicati dalla direttiva per fare comunque comunicazione. E cioè le due condizioni, che le notizie siano 'strettamente necessarie per la prosecuzione delle indagini' e che ricorrano 'altre specifiche ragioni di interesse pubblico'. E quindi, secondo il procuratore che sta indagando sul caso Amara, "tra le informazioni di interesse pubblico vanno comprese l'esecuzione di provvedimenti cautelari personali e reali, l'esecuzione di provvedimenti definitivi, ritenuti di particolare rilevanza, le richieste di rinvio a giudizio zio e di archiviazione".

Quanto ai nomi delle persone coinvolte nell'indagine, essi saranno resi noti solo quando "ciò si renderà necessario per garantire un'effettiva completezza dell'informazione". Anche la polizia dovrà dare le informazioni però "facendo attenzione a non attribuire ai soggetti indagati la consapevolezza per i fatti in corso di accertamento". Né i magistrati né la polizia potranno dare i nomi alle inchieste. E se lo faranno ugualmente non potranno comunicarlo all'esterno.

Cantone avverte il peso di una stretta che potrebbe anche avere conseguenze negative e annuncia che farà a breve un'altra direttiva, "per sterilizzare l'effetto della riforma". E in questo testo Cantone parlerà "del diritto all'informazione che dev'essere pieno e completo". Per questo il procuratore emanerà un provvedimento destinato a regolare "l'accesso diretto dei giornalisti agli atti delle indagini che non sono più coperte dal segreto (sfruttando quanto scrive l'ex articolo 116 del codice di procedura penale).

Una battaglia quella di Cantone destinata a incrociare la campagna opposta di Enrico Costa, il deputato di Azione, che ha trasformato la presunzione d'innocenza in una vera crociata. Tant'è che sta preparato degli appositi formulari da distribuire ai cittadini con cui chi vuole potrà denunciare un'avvenuta violazione della preclusione d'innocenza. Il 14 terrà una conferenza stampa alla Camera per annunciare la prima diffusione.