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ansa.it, 16 gennaio 2024

L’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. b), dell’ordinamento penitenziario indica unicamente l’obiettivo da perseguire, ossia impedire il passaggio di oggetti durante il colloquio con i detenuti in regime differenziato, ma le soluzioni per raggiungerlo devono essere necessariamente adeguate alla situazione concreta che l’amministrazione si trovi a fronteggiare. La sottolineatura porta la firma della Corte di Cassazione ed è contenuta all’interno della sentenza n. 196/2024. Il provvedimento è stato emesso dalla prima sezione penale ed è stato depositato lo scorso 3 gennaio.

L’impiego del vetro divisorio, argomentano i giudici di piazza Cavour, non solo non è “imposto dal testo della disposizione primaria, che non ne fa alcuna menzione”, ma “al cospetto di altri interessi di rango costituzionale assai rilevanti, quali sono quelli coinvolti dalla disciplina dei colloqui del detenuto con minori d’età, (…) può apparire sproporzionato”. In un caso del genere, si impone l’utilizzo di “differenti soluzioni tecniche” che risultino “adeguate, sia a garantire la finalità indicata dalla disposizione censurata, sia, al contempo, a evitare che la restrizione assuma connotazioni puramente afflittive per il detenuto, sacrificando inoltre l’interesse preminente del minore”, come, ad esempio, l’impiego di telecamere di sorveglianza puntate costantemente sulle mani, la dislocazione del personale di vigilanza in posizioni strategiche.