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di Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 7 aprile 2023

È corretta la decisione di trattenere la lettera, diretta all’esponente delle nuove Brigate rosse Nadia Desdemona Lioce, sottoposta al regime del 41-bis, nella quale i suoi “compagni” parlano “dell’atteggiamento rispetto allo Stato”. L’esigenza di fermare la missiva non nasce solo dal contenuto criptico dello scritto, dal quale è comunque lecito desumere un pericolo per l’ordine pubblico - ma anche dall’identità dei mittenti, appartenenti allo stesso gruppo terroristico della irriducibile esponente delle cosiddette Nuove Brigate rosse che, dal 2004, sta scontando le condanne a vita per l’omicidio del sovrintendente di Polizia Emanuele Petri e per aver partecipato all’uccisione dei giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi.

La Cassazione ha respinto il suo ricorso contro la mancata consegna della lettera, ritenendo la decisione del Tribunale di sorveglianza in linea con l’esigenza di bilanciare i diritti del detenuto al regime speciale, con la necessità di tutelare l’ordine pubblico. La Lioce, 64 anni ristretta al carcere dell’Aquila, è stata una pioniera della via giudiziaria contro il cosiddetto carcere duro, che le è stato imposto per il rischio di contatti con l’organizzazione terroristica di appartenenza. Ma la Suprema corte ha sempre respinto i suoi ricorsi.