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di Franco Corleone

L’Espresso, 1 dicembre 2023

In Italia molti ostacoli a un diritto che è già realtà in Francia, Germania e molti altri Paesi. La situazione delle carceri rischia di divenire esplosiva: ormai si superano i sessantamila detenuti e il governo senza pudore immagina una norma contro paventate rivolte in carcere con pene spropositate anche verso forme di resistenza passiva. La nonviolenza fa paura a Carlo Nordio, ministro sedicente garantista. Per non dire della persecuzione delle madri detenute che provocherà l’aumento dei bambini in carcere.

Gandhi, Capitini e Pannella si rivoltano nella tomba e toccherà ai garantì dei diritti dei detenuti e al volontariato alzare la bandiera della disobbedienza civile. Occorre non arrendersi e aprire nuovi fronti. Il 5 dicembre la Corte costituzionale esaminerà il ricorso del magistrato di Sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, per far dichiarare l’incostituzionalità del divieto di fatto dell’affettività e della sessualità in carcere.

È una lunga storia che ho vissuto in prima persona con Sandro Margara, giudice riformatore, quando assieme scrivemmo il Regolamento dell’Ordinamento penitenziario del 2000. Avevamo previsto la possibilità di incontri prolungati senza controllo visivo in apposite strutture, ma il Consiglio di Stato dette un parere contrario e la politica, pavidamente, fece marcia indietro.

Sono passati gli anni inutilmente, nell’inerzia del Parlamento: anche dopo l’invito della Corte costituzionale nel 2012 che, pur dichiarando inammissibile il ricorso della presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, ammoniva il Parlamento a prevedere che la persona sottoposta a restrizione della libertà personale potesse continuare a mantenere, durante l’esecuzione della pena, rapporti affettivi anche a carattere sessuale. Oltre che essere “esigenza reale e fortemente avvertita”, come scriveva la Corte, i rapporti intimi corrispondono a un vero e proprio diritto soggettivo di ogni detenuto.

Per dirla con Margara: “Vogliamo tenere assieme cose che possono apparire impossibili, ma non devono esserlo, cioè un carcere vivibile in cui la pena non abbia nulla di afflittivo oltre la perdita della libertà”. I Consigli regionali della Toscana e del Lazio, secondo la previsione dell’art. 121 della Costituzione, approvarono nel 2020 due leggi sul tema affidandole a Camera e Senato. Patirono la stessa sorte di quella subita da altre proposte di legge presentate negli anni precedenti. Anche per gli Stati generali dell’Esecuzione penale le relazioni affettive e sessuali sono da considerarsi un “nocciolo duro della dignità” della persona.

Peraltro, sono già una realtà in numerosi Paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Norvegia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera). Nel settembre scorso la Società della Ragione con il Crs e l’Associazione Luca Coscioni organizzò un seminario dal titolo “Corpi, Diritti, Soggettività”: da quella riflessione è nato un appello, redatto dal costituzionalista Andrea Pugiotto e intitolato “Il corpo recluso e il diritto alla intimità” (in attesa della sentenza della Corte costituzionale).

Il testo ha già raccolto più di duecento firme di prestigiosi giuristi, di Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale, di esponenti dei movimenti impegnati per i diritti, di associazioni di volontariato in carcere, di avvocati. Il clima è torbido ma una scintilla può incendiare la prateria della libertà.