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di Alessandra Ziniti

La Repubblica, 8 agosto 2022

Meloni promette il blocco navale, salvo poi fare marcia indietro: ma è contrario al diritto internazionale in mare. Salvini la insegue rilanciando i decreti Sicurezza, smontati da sentenze in sede civile, penale e amministrativa.

Se andrà al governo e vorrà davvero provare a fermare i flussi migratori verso l’Italia, il centrodestra dovrà inventarsi qualcosa di nuovo. Perchè, a parte il fatto che in Italia i porti non sono mai stati chiusi neanche in tempo di vigenza dei decreti sicurezza e che non una sola nave umanitaria o barcone è stato mai respinto, entrambe le “idee” lanciate da Giorgia Meloni e Matteo Salvini (già abbastanza nervosi per le reciproche fughe in avanti sul tema all’interno della coalizione) sono improponibili. Bocciate da una valanga di norme del diritto internazionale e da provvedimenti dei giudici.

Meloni corregge il tiro sul blocco navale - Il blocco navale nel Mediterraneo auspicato dalla Meloni è contrario al diritto internazionale che lo considera “un atto di guerra unilaterale, tanto che ieri la stessa leader di Fratelli d’Italia ha provato a tirarsi d’impiccio chiarendo che “fermare le partenze dei barconi, in accordo con le autorità nordafricane, è l’unica strada per ripristinare il rispetto delle regole e fermare le morti in mare”. Dunque, il blocco navale altro non sarebbe che un accordo con i Paesi di origine dei migranti con i quali è sostanzialmente impossibile persino firmare accordi di rimpatrio, figurarsi impedire le partenze. A eseguire il blocco, per altro, dovrebbero essere le navi della Marina militare italiana che, secondo il diritto internazionale e le convenzioni che il nostro Paese ha firmato, devono invece osservare l’obbligo di soccorso in mare e il divieto di respingimento.

I decreti sicurezza già smontati dai giudici - Anche la partita dei decreti Sicurezza che Matteo Salvini promette di voler “riproporre identici tra due mesi” è persa in partenza. Nella sua bulimia di annunci, il leader della Lega (che a costo di far innervosire gli alleati, Forza Italia compresa, parla già come se fosse di nuovo al Viminale) dimentica che i suoi due decreti Sicurezza sono stati smontati pezzo per pezzo da provvedimenti della magistratura, civile, penale e amministrativa che hanno sancito l’obbligo di salvare i naufraghi (e di portarli a terra nel porto più vicino), l’illegittimità del divieto di ingresso in acque italiane alle navi Ong, l’irretroattività dell’abolizione della protezione umanitaria, il diritto di tutti i richiedenti asilo di iscriversi alle anagrafi dei Comuni italiani. Diritto sancito dalla Consulta con la sentenza del luglio 2020 che ha definito “incostituzionale, per la violazione dell’articolo 3, irragionevole e controproducente” il divieto di iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo che dunque hanno diritto a una carta di identità, all’accesso ai servizi sociali, alle cure mediche, ad aprire un conto in banca, al lavoro. E su questo non si torna indietro.

Illegittimo il divieto di ingresso per le Ong - Così come non si potrà ignorare, nella stesura di eventuali nuovi decreti sicurezza, la sentenza del Tar del Lazio di agosto 2019 che annullò il divieto di accesso in acque italiane firmato da Salvini e dagli allora ministri Trenta e Toninelli nei confronti della Open Arms. “Eccesso di potere per travisamento dei fatti e violazione delle norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso”, le motivazioni del provvedimento. Sullo stesso binario del pronunciamento del gip di Agrigento Vella che annullò l’ordine di arresto della comandante della Sea Watch Carola Rackete riconoscendo come prioritario l’obbligo di salvare i naufraghi e portarli a terra.

Il no di Mattarella alle multe milionarie per le navi umanitarie - Persino il ricorso all’elemento di dissuasione delle multe milionarie per le navi Ong per la violazione del il divieto di accesso in acque italiane non potrà essere riproposto. Nel firmare il decreto sicurezza bis, ad agosto 2019, il presidente Mattarella espresse “rilevanti perplessità” su quelle sanzioni che definì “irragionevoli” e che infatti poi il Parlamento ridusse ai minimi. E l’inquilino del Quirinale è ancora lo stesso.