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di Claudio Dionesalvi

Il Manifesto, 25 febbraio 2023

Alla vigilia della sentenza di appello il “sindaco” Mimmo Lucano partecipa alla rinascita del paese diventato negli anni un modello per l’accoglienza dei migranti. Voci festose di bambini risuonano nel Villaggio globale di Riace. Come se la sentenza d’appello, prevista per il cuore della primavera, non incombesse su Mimmo Lucano. Creature di una fiaba vivente ripopolano i vicoli silenziosi del borgo jonico. L’ex primo cittadino, che qui in tanti si ostinano a chiamare “sindaco”, si affaccia sull’antica via dell’acqua, dove uno dei suoi progetti più carichi di poesia ha trovato attuazione. “Guardate che galline stupende. Già ci stanno dando centinaia di uova al giorno. Ce ne sono due più forti delle altre. Le abbiamo chiamate Sabra e Shatila. Ci vuole tanta forza per vivere tutta un’esistenza in campi profughi come quelli libanesi”, sorride amaro Mimmo, dimagrito, cordiale, attorniato dalla solita umanità di artisti, contadini, rifugiati e viaggiatori. “Niente fondi pubblici, stavolta. Da ogni disgrazia - spiega Lucano - può nascere qualcosa di buono. Se abbiamo potuto rimettere in piedi la fattoria degli asinelli, lo dobbiamo al senatore Luigi Manconi ed alle tante persone che hanno sostenuto la sua raccolta fondi per le spese legali del mio processo. Una parte di quei soldi è servita a regolarizzare gli uomini e le donne che lavorano nella fattoria”.

Le casette degli asinelli erano state sequestrate dalla solerte procura di Locri, perché prive del certificato di agibilità, nella Calabria delle scuole e dei palazzi di giustizia che un certificato di agibilità non lo hanno mai avuto. Da un mese la fattoria è stata dissequestrata. Riace sta tornando lentamente il presepe laico di un tempo. La speranza allenta la tensione dell’attesa. Mentre passeggia per i viottoli del centro storico, Lucano racconta a il manifesto il suo stato d’animo in questi giorni. Insieme a lui camminano i corpi di un genius loci senza confini. C’è Barzan, pittore, profugo afgano, che sta per inaugurare il suo atelier. Sorge proprio nei locali un tempo gestiti da uno dei compaesani di Mimmo. E sarà inaugurato ufficialmente il 26 febbraio. Come in una nemesi, è proprio da questi locali che ebbe inizio l’odissea e la persecuzione giudiziaria di Lucano.

Era infatti qui che Francesco Ruga svolgeva la sua attività di commerciante e pizzicagnolo. Si tratta del “supertestimone dell’accusa” che a fine 2016 aveva denunciato Lucano per concussione. Dalla sua denuncia era scaturita tutta l’indagine della Guardia di Finanza. La sua doglianza riguardava una fattura che Lucano lo avrebbe costretto ad alterare, non nell’importo, ma nella descrizione di quanto aveva venduto: non alimentari, ma detersivi. Altrimenti - lo avrebbe minacciato - quella fattura non gli sarebbe stata pagata; anzi peggio, sarebbe stato escluso dal sistema dei bonus. Ma in dibattimento, incalzato dalla difesa di Lucano, Ruga ha poi ritrattato, ammettendo alla fine di non aver mai subito minacce. E qualificando il “sindaco” come “una brava persona, perbene, generosa, che fa sempre del bene e che lui ha sempre votato”.

E così l’accusa di concussione si è sciolta come neve al sole. Sarebbe dura per chiunque continuare a vivere con il fardello di un’accusa che si sente profondamente ingiusta. Ma per Lucano lo è in particolare. Lui è visibilmente ferito nell’orgoglio da un processo e da una sentenza che l’autorevole giurista Luigi Ferrajoli ha definito “una condanna politica modellata sul ‘diritto penale del nemico’ in contrasto con la regola dell’imparzialità che è la prima regola deontologica dei magistrati”. D’un tratto, lungo il cammino che ci riporta nella piazza principale, udiamo una inflessione italo-sassone. È Carola Kirsten, libertaria tedesca di Berlino, trapiantata nelle alture della Locride da qualche anno. Carola gestisce la biblioteca parlante nei locali della vecchia posta di Riace e alleva le galline della fattoria degli asinelli. “Come berlinese, sono d’accordo con le parole di Wim Wenders del 2010: ‘La vera utopia non è la caduta del muro, ma ciò che è stato realizzato in Calabria, a Riace’”. E così raccontando le loro storie, Lucano ripercorre la propria rievocando l’epica dell’utopia sociale di Riace. Lo fa nella sede della sua associazione Città Futura, nel Palazzo Pinnarò, da dove tutto ebbe inizio. Grazie alla sua determinazione e alla raccolta fondi della fondazione “È stato il vento”, si è rientrati in possesso di un piano dell’antica struttura, nel cuore del centro storico, che con il contributo di una fondazione svizzera è stato possibile ristrutturare. Ai lavori hanno contribuito anche i giovani guidati da padre Alex Zanotelli, un altro pilastro del cosiddetto modello Riace.

Lucano seduto accanto al lettino che il prestigioso medico Francesco Pinnarò volle donare alla cittadinanza, ricorda i venti anni della sua Riace: i restauri, le bonifiche, i servizi sociali, i laboratori multietnici, l’asilo nido, l’ambulatorio popolare, la fattoria didattica, il frantoio di comunità, le iniziative culturali, i pellegrinaggi rom, il turismo solidale, gli spettacoli. E davanti a un poster raffigurante il compianto attivista Dino Frisullo, prova ad esorcizzare l’inquietudine per il secondo grado di giudizio del processo Xenia: “Non riesco a provare rancore verso chi mi accusa e mi ha condannato in primo grado. E sono convinto che alla fine troverò un giudice che mi darà ragione. Guardate qua”. Dallo smartphone tira fuori il video del sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che ha dedicato parole di grande stima per lui durante le celebrazioni dei Bronzi nel cinquantennale del ritrovamento, ignorando l’attuale sindaco riacese, Tonino Trifoli (ex leghista, oggi berlusconiano), seduto in prima fila davanti a lui. Intanto a Riace cala la sera, Lucano tirerebbe fino a notte a rimembrare i fasti del passato. Ma non c’è mestizia, né malinconia. Perché Riace sta rinascendo. Grazie alla tenacia e alla forza del suo “sindaco”. E saranno in tanti a ribadirlo nel presidio di solidarietà “Con Mimmo Lucano / Per restare umani”. Un appello partito dal basso e senza promotori ha ricevuto decine di migliaia di adesioni. Per contrastare la “disumana ingiustizia” si rivedranno in piazza il 26 febbraio. La domenica dell’orgoglio riacese.