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di Maurizio Carucci

Avvenire, 12 settembre 2024

Attualmente, solo il 33% dei detenuti in Italia è coinvolto in attività lavorative, di cui l’85% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. Anche lo sport può aiutare il reinserimento dei detenuti. Lavoro, formazione. E anche lo sport. Sono gli ingredienti per battere la recidiva nelle carceri. Attualmente, solo il 33% dei detenuti in Italia è coinvolto in attività lavorative, di cui l’85% alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, spesso in ruoli a basso valore aggiunto. È uno dei dati emersi dal paper Recidiva Zero. Istruzione, Formazione e Lavoro in Carcere: dalle esperienze progettuali alle azioni di sistema realizzato da Teha per conto del Cnel-Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. La promozione della reintegrazione sociale dei detenuti attraverso l’istruzione, la formazione e l’accesso al lavoro è quindi “più urgente che mai”. Secondo il paper, l’assenza di opportunità lavorative per i detenuti priva lo Stato di un possibile ritorno sul Pil fino a 480 milioni di euro. Stando alle proiezioni di Teha, in un primo scenario ipotetico, mantenendo invariato il numero di detenuti, se la percentuale di detenuti occupati in attività lavorative aumentasse al 60%, con l’85% di essi ancora impiegato presso l’amministrazione penitenziaria in attività a basso valore aggiunto, il ritorno sul Pil ammonterebbe a 288 milioni di euro.

In un secondo scenario ipotetico, se la percentuale di detenuti occupati in attività lavorative aumentasse all’80%, con tutti gli extra-lavoratori impiegati presso imprese o cooperative in attività a maggior valore aggiunto, il ritorno sul Pil raggiungerebbe i 480 milioni di euro. Queste stime mettono in evidenza il potenziale impatto positivo sul Pil derivante dall’incremento delle opportunità lavorative per i detenuti, soprattutto se orientate verso settori ad alto valore aggiunto e promosse attraverso partnership pubblico-private.

Secondo il rapporto, il tasso di affollamento reale nelle carceri italiane ha raggiunto il 119% nel 2023, con picchi che superano il 190% in istituti come quello di Lucca. Tale sovraffollamento non solo ostacola la gestione quotidiana delle strutture, ma riduce anche drasticamente le opportunità per i detenuti di partecipare a programmi di istruzione, formazione e lavoro, fondamentali per il loro reinserimento sociale. Il sovraffollamento comporta anche una maggiore incidenza di eventi critici, come violenze, aggressioni, autolesionismi e suicidi, che minano la sicurezza sia dei detenuti che del personale degli istituti penitenziari. In particolare, nel 2021 ci sono state 25 manifestazioni di protesta e 24 atti di auto-danno intenzionale ogni 100 detenuti.

Secondo alcuni dati rilasciati dal Cnel assieme al ministero della Giustizia, sono oltre 60mila le persone detenute nelle carceri italiane, 60mila progetti di vita da raccogliere e ricostruire. Il 70% di loro cade nuovamente in errore, perdendo, dopo anni di reclusione, la possibilità di riscatto personale e di riabilitazione sociale. Sempre secondo le stime del Cnel il tasso di recidiva scende al 2% quando viene avviato un percorso formativo e lavorativo. La professionalizzazione dei detenuti porta, oltre alla riduzione del tasso di recidiva, anche a minori oneri per la comunità, contribuendo al reintegro sociale, a una minore saturazione delle carceri e a maggiore sicurezza del territorio.

I detenuti nei cantieri della ricostruzione - Sono circa 1.200 i cantieri della ricostruzione post sisma, tra edifici pubblici ed edifici di culto, coinvolti nel protocollo d’intesa sottoscritto in Via Arenula dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, dal Commissario straordinario di governo per il sisma 2016, il senatore Guido Castelli, dal presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi, dal presidente facente funzioni dell’Anci Roberto Pella e dal presidente nazionale dell’Ance Federica Brancaccio. L’iniziativa ha lo scopo di rafforzare le opportunità lavorative in favore della popolazione detenuta delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche, Molise e Umbria, ma, più in generale, spiega il ministro Nordio, di perseguire “il fine rieducativo della pena e il reinserimento sociale dei detenuti”, “obiettivo primario del governo”. “Per noi - aggiunge - non si tratta soltanto di perseguire quello che è un dovere costituzionale sancito dall’articolo 27 della nostra Carta, ma è un impegno morale a cui lavoriamo ogni giorno attraverso una strategia di interventi quanto più ampia per favorire e incrementare le opportunità di lavoro in favore della popolazione detenuta”. Sulla stessa lunghezza d’onda, il presidente della Cei. “Questo protocollo - osserva Zuppi - ha una doppia valenza: da una parte dà la possibilità ai detenuti di lavorare, restituendo loro dignità e aprendo orizzonti di futuro. Ed è significativo che questa rinascita parta proprio dai cantieri della ricostruzione, in territori feriti ma desiderosi di ricominciare. Dall’altra parte, ricorda che il carcere è per la rieducazione e la riparazione, mai solo punitivo. In questo senso, le pene alternative aiutano a garantire umanità e a favorire il reinserimento nella società: questo Protocollo, investendo sul lavoro dei detenuti, è un passo concreto verso l’obiettivo ambizioso della recidiva zero”.

Saranno 35 gli istituti penitenziari interessati dal progetto, tutti presenti nelle province di Fermo, Teramo, L’Aquila, Perugia, Spoleto, Ancona, Rieti, Ascoli Piceno, Macerata e Pescara. I cantieri coinvolti, diversi in località “simbolo” come Amatrice, Arquata e Castelluccio di Norcia, saranno pronti a partire dal 2025. Al momento non ci sono stime sul numero dei detenuti, anche donne, che effettivamente parteciperanno, dipenderà dalle autorizzazioni rilasciate dai magistrati di sorveglianza.

Un call center in carcere - In carcere non si finisce… si ricomincia è il nome del progetto promosso dalla direzione della casa di reclusione di Vigevano, in provincia di Pavia, in collaborazione con le imprese sociali bee.4 altre menti e Divieto di Sosta per avviare una nuova filiera di attività lavorative all’interno dell’istituto di pena. Il nuovo call center - realizzato anche grazie alle aziende come la società di telecomunicazioni Eolo Spa, la società di produzione energetica Dolomiti Energia, la società Sielte Spa e la società TeamSystem - si colloca all’interno di un progetto più ampio che riguarda l’impatto delle attività lavorative in carcere: formare e offrire lavoro ai detenuti significa, tra l’altro, contribuire notevolmente all’abbattimento della recidiva. L’obiettivo del progetto, si legge in una nota, è offrire alle persone in carcere l’opportunità di qualificazione professionale, impegnando positivamente il tempo della pena in linea con la Costituzione. Le possibilità di impiego riguardano l’erogazione di servizi di assistenza clienti per le imprese partner che hanno sposato l’idea di un carcere moderno, capace di creare valore e occasioni di riscatto: si va dalla gestione reclami alle validazioni contrattuali, ai cambi del piano tariffario fino alle attività di back office. Attualmente, nove persone stanno lavorando con un regolare contratto a tempo pieno e altre nove hanno avviato un percorso formativo in vista di una possibile assunzione entro la fine settembre.

Progetto d’impresa a Como - Prende avvio presso la casa circondariale di Como un nuovo progetto di impresa in carcere promosso da Intesa Sanpaolo. Un modello virtuoso di collaborazione tra soggetti privati e pubblici nell’ottica del bene comune e che coinvolge oltre al gruppo bancario, alla casa circondariale e al Provveditorato regionale, il gruppo MekTech, specializzato nella progettazione e costruzione di impianti e sistemi robotizzati, e la cooperativa Ozanam che favorisce l’inserimento nel mondo del lavoro di persone in difficoltà.

Il programma consente a 11 detenuti di specializzarsi nella realizzazione di quadri elettrici complessi commissionati da MekTech, offrendo una formazione tecnica per il rilascio di un attestato di partecipazione al corso per tecnico cablatore elettricista e un lavoro, contribuendo al loro percorso di riabilitazione sociale e di reinserimento nella vita professionale. Si tratta di una attività professionalizzante che consentirà il potenziale inserimento al lavoro una volta che il detenuto ha finito di scontare la propria pena. La casa circondariale di Como ha coordinato le attività di ingaggio e di selezione dei detenuti che hanno l’opportunità di partecipare al progetto, oltre ad aver provveduto alla ristrutturazione e messa a norma, con fondi ministeriali, dei locali adibiti ad attività ricreative e sportive nonché del laboratorio che si estende su uno spazio di circa 180 metri quadrati all’interno del carcere.

Al via il progetto “Squadra Dentro: sport e carcere” - Intesa Sanpaolo, coadiuvata nella scelta da Cesvi, ha deciso di sostenere il progetto Squadra Dentro: sport e carcere dell’Associazione Antigone attraverso il Programma Formula, dedicato a sostenibilità ambientale, inclusione sociale e accesso al mercato del lavoro per le persone in difficoltà. Il progetto permetterà di rafforzare la solidarietà e promuovere valori positivi tra i giovani dell’istituto penale minorile di Casal del Marmo a Roma grazie al calcio, sport di squadra capace di unire al di là delle difficoltà. Il progetto Squadra Dentro vuole infatti rafforzare le attività rieducative promosse nel carcere minorile di Casal Del Marmo a Roma e così creare una squadra di calcio formata dai giovani detenuti. Con il supporto di ASD Atletico Diritti, creata nel 2014 da Antigone e Progetto Diritti, tra i 20 e 25 detenuti, selezionati dalla direzione del carcere sulla base del programma personale di trattamento e reinserimento sociale di ciascun ragazzo, seguiti da un allenatore esterno dedicato, potranno frequentare due allenamenti settimanali.

Per garantire la buona riuscita del programma, il campo da calcio del carcere necessita di manutenzione. Per questo, con il tuo supporto andremo a sostituire le porte, sistemare le panchine e le reti esterne e dotare la struttura di tutti i materiali utili per l’allenamento. Grazie al percorso, si auspica di far partecipare Squadra Dentro ad uno o più tornei cittadini nell’ambito di quelli promossi da associazioni quali Aics, Csen e Lega Calcio ad Otto, con l’accordo - già sperimentato da Atletico Diritti - di giocare in casa tutte le partite, così da offrire ai giovani adeguate opportunità per dimostrare il proprio talento in campo. Inoltre, in ottica di crescita e continuità progettuale, due detenuti, in base alle valutazioni dell’Istituto, saranno formati professionalmente per divenire a loro volta tecnici allenatori.

Infine, si auspica di agganciare l’interesse di più detenuti, grazie alla passione condivisa verso il calcio, in questo programma. A tal fine, grazie sia ai giocatori titolari che non, con il supporto degli operatori penitenziari, verrà promosso uno sportello socio-legale di informazione e accompagnamento al rilascio.