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di Paolo Pandolfini

Il Riformista, 21 ottobre 2023

Per l’ex magistrato intervenuto nella discussione sul testo in Commissione giustizia, la riforma Nordio sarebbe “una riforma contro tutti e contro tutto”. L’abolizione del reato di abuso d’ufficio rappresenta “la discesa agli inferi dell’etica pubblica”. Parola di Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo, attualmente senatore grillino e componente della Commissione giustizia di Palazzo Madama, che ha dunque deciso di ‘avvelenare i pozzi’ del dibattito parlamentare sulla riforma della giustizia voluta da Carlo Nordio ricorrendo a tali improbabili iperbole. Per Scarpinato, intervenuto questa settimana nella discussione generale sul testo in Commissione giustizia, la riforma Nordio sarebbe infatti “una riforma contro tutti e contro tutto”. L’abrogazione del reato di abuso di ufficio, in particolare, si porrebbe in contrasto con la proposta di direttiva europea sulla materia, rappresentando anche “una grave criticità per l’intero sistema Paese, come rilevato dal rapporto sullo Stato di diritto del luglio 2023 della Commissione europea che, su questo punto, ha espresso delle riserve nei confronti dell’Italia”. Le modifiche volute da Nordio, inoltre, sarebbero addirittura da ostacolo al contrasto della corruzione, “danneggiando lo Stato, la credibilità delle istituzioni” e al contempo con un “impatto devastante sulla tutela dei cittadini nei confronti degli abusi perpetrati da parte del potere”.

Per dar forza a tale scenario apocalittico, Scarpinato ha ricordato che dal 1997 al 2020, nelle 3600 sentenze passate in giudicato aventi ad oggetto condanne per il reato di abuso d’ufficio, la casistica ha evidenziato come le condotte punite fossero “tutte strumentali a forme di criminalità perpetrata dai cosiddetti colletti bianchi oppure da dipendenti pubblici - presidenti di Regione, magistrati, persino appartenenti alle Forze dell’ordine”. “Non si può inoltre tacere - ha ricordato il senatore grillino - che questo genere di criminalità ha fortemente agevolato nel tempo anche le organizzazioni criminali operanti in particolare in alcuni settori come quelli dell’edilizia”, tornando con la memoria al sacco di Palermo degli anni 60, che tuttavia “non è una storia del passato ma dell’attualità”.

“Le azioni criminose commesse dai colletti bianchi, infatti, sono finalizzate proprio ad agevolare la grande criminalità organizzata e la sua penetrazione nelle istituzioni. Da tutto ciò emerge un quadro impressionante che delegittima l’istituzione pubblica nei suoi gangli vitali: edilizia, appalti, sanità, concorsi, in una logica di favoritismo che, in particolare per l’aspetto riguardante la pubblica amministrazione, ha ucciso il merito rendendo molto difficile l’accesso al lavoro dei giovani”, ha poi aggiunto Scarpinato con sprezzo del ridicolo, essendo quanto mai improbabile che il sindaco di Crema, indagato lo scorso anno per abuso d’ufficio in quanto una bambina si era schiacciata la mano nella porta dell’asilo comunale, tanto per ricordare un episodio noto, con la sua condotta avesse voluto agevolare la criminalità organizzata.

“Tutto ciò senza contare che, con l’abolizione del reato di abuso di ufficio, tutte le condanne ai sensi dell’articolo 323 del codice penale dovrebbero essere revocate in applicazione dell’articolo 673 del codice di procedura penale recante disposizioni per la revoca della sentenza per abolizione del reato”, ha quindi proseguito l’ex procuratore generale di Palermo. In sintesi, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio rappresenterebbe un messaggio di “resa dello Stato e di assoluta perdita di credibilità delle sue istituzioni”. Per Scarpinato, il moderno Stato di diritto nasce proprio con la regolamentazione del conflitto di interessi attraverso la separazione dei beni del Re da quelli della collettività. Il nucleo dello Stato liberale è infatti la difesa dei cittadini contro qualunque abuso di potere e la loro possibilità di ricorrere alla giustizia: “Tanto ciò è vero che persino i sindaci rappresentati dall’Anci hanno raccomandato, nella memoria inviata alla Commissione, di mantenere il reato di abuso di ufficio e, di converso, di modificare gli articoli del testo unico sugli enti locali in modo da prosciugare l’area di responsabilità amministrativa dei sindaci e, di conseguenza, anche quella penale”.

Per concludere, “il governo ha scelto la scorciatoia dell’abolizione del reato che non risolve i problemi ma che, unitamente alla modifica del reato di traffico di influenze, rappresenta la discesa agli inferi dell’etica pubblica”. Come se non fosse già sufficiente, anche la modifica del reato, quanto mai evanescente a detta di tutti i giuristi, di traffico di influenze illecite, legalizzerebbe “il lobbysmo mercenario finalizzato all’abuso d’ufficio, uccidendo la credibilità dello Stato”. Parole che, certamente, non sono il miglior viatico per una pacata discussione sul punto ma che, al contrario, mostrano una contrarietà precostituita nei confronti di qualsiasi proposta di riforma che non sia di stampo manettaro e forcaiolo.