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di Andrea Capocci

Il Manifesto, 14 giugno 2023

Il Consiglio dell’Unione Europea adotta una raccomandazione agli Stati membri per incoraggiare un uso più consapevole e parsimonioso di questi farmaci. Ogni anno circa trentacinquemila persone nell’Unione Europea perdono la vita a causa di infezioni resistenti agli antibiotici, malattie un tempo facilmente curabili e che oggi possono diventare letali. Per affrontare questa emergenza sanitaria il Consiglio dell’Unione Europea ieri ha adottato una raccomandazione agli Stati membri per incoraggiare un uso più consapevole e parsimonioso degli antibiotici.

Il provvedimento è parte della generale revisione della legislazione farmaceutica presentata il 26 aprile dalla Commissione Europea. A differenza di regolamenti e direttive, però non si tratta di un atto vincolante. La norma fissa alcuni obiettivi che gli Stati membri devono raggiungere entro il 2030. L’Ue invita a diminuire il consumo complessivo di antibiotici del 20% rispetto al 2019, soprattutto di quelli più suscettibili di generare resistenza agli antibiotici. Inoltre, entro la fine del decennio i governi dovranno adottare misure per ridurre le infezioni da stafilococco (-15% entro il 2030), E. coli (-10%) e Klebsiella pneumoniae (-5%) resistenti ai corrispondenti antibiotici. Infine, stabilisce un obiettivo radicale per quanto riguarda la vendita di antibiotici per l’allevamento e l’acquacoltura: dimezzare le vendite entro il 2030, un target già fissato nella strategia “Dal produttore al consumatore” del 2020 e richiesto dall’approccio cosiddetto One Health, secondo cui salute umana e ambientale sono strettamente legate.

L’Italia è uno dei Paesi che abusa di antibiotici e dovrà adeguarsi. Consumiamo 17 dosi di antibiotico per mille abitanti al giorno, contro una media europea pari a 15. L’eccesso di antibiotici colpisce soprattutto le regioni del Sud: in Campania, ad esempio, si toccano le 25 dosi giornaliere per mille abitanti. Secondo l’ultimo “Rapporto sull’uso degli antibiotici in Italia” dell’Aifa basato sui dati del 2021, sono spesso i medici di famiglia a prescriverli in modo inappropriato. Sono ritenute tali il 28% delle prescrizioni nei casi di influenza o raffreddore e un terzo delle ricette per tonsillite e faringite, un dato peggiorato rispetto al 2020 a causa della pandemia. L’abuso di antibiotici in Italia non è una novità. Già dal 2017 l’Italia si è dotata di un “Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza” che sta lentamente migliorando la situazione. Proprio perché partiamo da un livello di consumo storicamente molto elevato, per l’Italia oggi è più facile raggiungere gli obiettivi di decrescita. Rispetto al 2019, ad esempio, nel 2021 si è somministrato il 21% in meno di antibiotici come richiesto dalla raccomandazione. Tra il 2013 e il 2021, il consumo complessivamente è calato addirittura del 37%.

Il problema però è che consumiamo soprattutto quelli sbagliati. Gli antibiotici, infatti, non sono tutti uguali. L’Oms li ha classificati per rischio crescente di stimolare resistenza batterica nelle tre categorie “access”, “watch” e “reserve”. La raccomandazione europea prevede che in ogni Paese almeno il 65% degli antibiotici consumati appartengano alla categoria “access”, quella più sicura e di cui fanno parte principi attivi ben noti come l’amoxicillina. L’Italia invece consuma troppi antibiotici della categoria “watch”, che tra gli altri include prodotti popolari come azitromicina (largamente e inappropriatamente prescritta contro il Covid), claritromicina e eritromicina. Le dosi di farmaci del gruppo “access” da privilegiare in Italia rappresentano solo il 53% del totale di quelle prescritte. Nessuna Regione raggiunge l’obiettivo europeo: in Friuli-Venezia Giulia e nel resto del nord-est si preferiscono gli antibiotici meno a rischio, ma dalle Marche in giù le percentuali si invertono.

L’Italia è messa anche peggio per quanto riguarda il consumo di antibiotici per gli animali da allevamento. Rispetto ai 31 Paesi europei monitorati dal Sistema di sorveglianza europea del consumo di antimicrobici veterinari (Esvac, dati 2021) ne usiamo oltre il doppio della media europea e solo Polonia e Cipro ne fanno più uso di noi in proporzione alla quantità di bestiame. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione italiana è in netto miglioramento: seguendo un trend europeo, dal 2011 al 2021 il consumo di antibiotici si è all’incirca dimezzato.