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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 18 gennaio 2024

Alla Camera e al Senato. Il discorso sullo stato dell’amministrazione della giustizia fatto dal ministro. Uno spettacolo che si annuncia ogni volta senza repliche e che però si ripete sempre uguale. Il discorso, prima alla Camera e poi al Senato, del guardasigilli Carlo Nordio sullo “stato dell’amministrazione della giustizia” non è stato altro che il solito comizio durante il quale sono stati ribaditi i più o meno buoni propositi già noti alle cronache. Anche la rivendicazione di quanto fatto non ha impressionato, anzi. E quindi, per il loggione: Nordio considera l’abuso d’ufficio “un reato evanescente” per il quale “l’unica soluzione è abolirlo”.

Fa niente per i rilievi europei - la commissione considera questo reato fondamentale e ritiene che debba stare nei codici di tutti i paesi membri -, perché “parlare di reato spia è una stravaganza giuridica, ingannevole e pericolosa”. Anzi di più: “È una bestemmia giuridica”. Parliamo, secondo Nordio, di uno strumento “obsoleto”. Sulle intercettazioni il ministro ribadisce che per mafia e terrorismo nulla cambia e nulla cambierà mai, ma per il resto si andrà verso una riduzione drastica del loro utilizzo, anche per risparmiare: “Sono sproporzionate sia nel numero sia nei costi, e le spese delle procure per farle sfuggono ai controlli”. Altra perla: “Rischiamo un barbaro medioevo con il sequestro dei cellulari”. Un passaggio anche sul tema del carcere, con Nordio che ha sottolineato la gravità del tema dei suicidi ma ha anche rilevato come nel 2023 siano diminuiti rispetto all’anno precedente: “Da 83, mi pare, sono passati a 65, comunque sono diminuiti, diciamo di un 20-15%”.

Resta sospeso il punto dei punti, cioè la “non negoziabile” separazione delle carriere, cuore della riforma della giustizia che prima o poi forse prenderà corpo e che porterà qualche deciso cambiamento della Costituzione. “Il pm oggi indaga come e quando vuole perché mantiene le guarentigie previste dal codice Rocco. I controlli sono necessari”, sostiene Nordio. Bordate, si direbbe, ma in realtà non è niente che non abbiamo già sentito nell’ultimo anno e mezzo. Prima di tutto questo, Nordio ha fatto in tempo a complimentarsi con se stesso per i dati sui tempi della giustizia (relativi al quadriennio 2019-2023): diminuzione del 19.2% per il civile e addirittura del 29% per il penale. “La durata media dei processi è scesa sotto la soglia dei mille giorni - l’esultanza del ministro -, e nel civile c’è stata un’accelerazione nello smaltimento dell’arretrato”.

Benissimo, peccato che giusto martedì l’Osservatorio dei laici (organismo informale nato a supporto della componente non togata del Csm) abbia illustrato alla Camera i dati del rapporto realizzato da Astraricerche a tema “gli italiani e la giustizia”. Ecco, malgrado la sbandierata diminuzione dei tempi processuali, viene fuori che meno di un terzo degli intervistati ha espresso un voto alto per l’operato dei giudici del processo civile e dei giudici di pace (32,9%), più o meno lo stesso per i giudici del processo penale e i pm (32%), e gli avvocati (29,9%). Questo per dire che forse i problemi della giustizia non stanno tanto (o non stanno solo) nei suoi tempi.

La questione della durata dei processi è al centro dei rilievi fatti a Nordio nel pomeriggio dalla senatrice del Pd Anna Rossomando (che giudica Nordio come un alfiere del “populismo giudiziario autoritario”): “Chiediamo al ministro se è prigioniero, ostaggio in via Arenula, perché siamo pronti a organizzare un presidio democratico e liberarlo. Infatti non capiamo perché questo governo ha approvato una serie di interventi che mettono sabbia negli ingranaggi di quelle riforme che servirebbero proprio a migliorare i tempi della giustizia”. Battute e stoccate a parte, anche l’opposizione non ha offerto grandi spunti al dibattito. Forse la strategia della destra - cambiare il codice penale passetto dopo passetto - sta funzionando nella misura in cui gli attacchi sono sempre pochi e molto circostanziati, senza mai inquadrare la questione nella sua interezza. E così, quando Camera e Senato sono arrivato al voto sulle risoluzioni, nel tardo pomeriggio, non ci sono state sorprese: no a quelle delle opposizioni, sì a quella della maggioranza. E pure a quella del gruppo di Iv e Azione (anche se inizialmente Nordio aveva dato parere negativo e poi è dovuto intervenire il sottosegretario Delmastro a precisare). Nessuna novità neanche qui: i cosiddetti riformisti, sulla giustizia, sono ormai una costola della destra.