sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Eleonora Camilli

La Stampa, 10 agosto 2023

Ma le associazioni umanitarie minacciano di sfilarsi: “Spreco di fondi”. Nuovi centri di primissima accoglienza nelle Regioni del Sud, Sicilia, Calabria e Puglia e un piano di redistribuzione su base regionale che porterà all’apertura di altre strutture su tutto il territorio nazionale. Con l’aumento degli arrivi, il Viminale sta cercando in queste ore nuovi posti per ricollocare una parte degli oltre 90mila migranti approdati sulle nostre coste dall’inizio dell’anno e decongestionare l’hotspot di Lampedusa.

Ma il piano del governo potrebbe arenarsi di fronte al rifiuto delle organizzazioni di terzo settore. Le principali associazioni che si occupano di accoglienza e tutela dei migranti (tra cui Caritas, Arci, Save the children, Cnca) riunite nel Tavolo asilo sono infatti pronte a sfilarsi dalla partita, disertando i prossimi bandi che saranno indetti dalle prefetture. Contestano le nuove regole imposte dalla legge 50 del 2023 (il cosiddetto decreto Cutro) e una gestione non programmata e considerata fin troppo emergenziale. “A queste condizioni non ci stiamo - sottolinea Filippo Miraglia di Arci, portavoce del Tavolo.

L’idea del governo è quella di attrezzare grandi centri, comprese tensostrutture, per sistemare in fretta le persone. Saranno centri di accoglienza provvisori, come previsto dalla nuova normativa. Ma i numeri, anche se in aumento, sarebbero perfettamente gestibili”. Per le associazioni si dovrebbe implementare il sistema ordinario dell’accoglienza diffusa Sai (Sistema accoglienza e integrazione). “Le nuove strutture imposte dall’alto, oltre a produrre uno sperpero inutile di fondi, avranno anche un impatto devastante sui territori - continua -. Da gennaio abbiamo chiesto al ministero dell’Interno un incontro per programmare l’accoglienza dei migranti in vista dell’estate, il prefetto per l’emergenza Valenti ha deciso di incontrarci solo in questi giorni, presentando un piano che non condividiamo”.

La nuova normativa cambia alcune regole di gestione, come il costo pro capite al giorno per l’accoglienza dei migranti nei centri di accoglienza straordinaria (Cas) che scende da 35 a 28 euro, una cifra considerata inadeguata dagli enti del terzo settore per garantire gli standard minimi. “È un riconoscimento economico insufficiente a offrire servizi che non siano di mero albergaggio. Per noi sarà impossibile sia trovare delle strutture adatte che pagare personale qualificato. Il governo vuole dei guardiani per i migranti non degli operatori sociali specializzati”, aggiunge Gianfranco Schiavone, presidente dell’Ics di Trieste. “Inoltre - aggiunge - il nuovo decreto esclude per i richiedenti asilo sia i servizi psicologici che la tutela legale e i corsi di italiano. Sono previsti solo per chi è già riconosciuto rifugiato. Questo significa che a chi arriva non insegneremo più neanche la lingua. Un evidente passo indietro sul fronte dell’integrazione. Con le nuove disposizioni stiamo tornando al periodo dei decreti sicurezza di Salvini, anzi la situazione che si sta delineando potrebbe essere anche peggiore”.

Già nel 2018, con la stretta sull’accoglienza voluta dal governo gialloverde, le associazioni avevano rifiutato di partecipare alla gestione dell’accoglienza, mandando deserti i bandi delle prefetture. Una situazione che potrebbe ripetersi in questi giorni con i numeri degli arrivi lievitati rispetto a cinque anni fa. A creare la frattura tra le associazioni e il ministero è anche la situazione a rischio delle persone più vulnerabili, come le donne vittime di tratta e i minori. “Stiamo registrando diversi casi di ragazze ivoriane coinvolte in dinamiche di sfruttamento, non si sa molto di cosa ci sia dietro queste storie, ma insieme ad altre reti cattoliche stiamo facendo assistenza per capire questo nuovo fenomeno - spiega Manuela De Marco di Caritas italiana -. Il problema è che la legge 50 ha previsto una procedura accelerata per chi proviene da Paesi terzi sicuri, tra questi c’è anche la Costa D’avorio. Ciò significa che sarà sempre più difficile proteggere queste ragazze, che dovrebbero essere accolte in strutture adeguate e non trattenute in frontiera come prevede il decreto”.

Anche Save the children chiede che il sistema tenga conto delle tutele previste per i minori. “I trasferimenti veloci da Lampedusa sono una novità importante, ma rimane necessario prevedere un sistema di prima accoglienza come delineato dalla legge - afferma Antonella Inverno dell’associazione -. Temiamo che nei centri approntati in emergenza vengano previsti standard non adeguati per i tanti bambini e ragazzi, molti dei quali non accompagnati, che arrivano sulle nostre coste. Per noi è fondamentale garantire in fretta la prima accoglienza di solo trenta giorni per poi passare velocemente alla seconda accoglienza e far iniziare ai ragazzi percorsi di integrazione. Per fare questo, però servono più posti nell’accoglienza diffusa”.