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di Alessandro Fioroni

Il Dubbio, 12 agosto 2023

A due anni dalla riconquista del potere i Talebani le escludono dall’istruzione e dal lavoro. Finora gli appelli delle istituzioni internazionali sono caduti nel vuoto. Quando, appena due anni fa, i Talebani riconquistarono il potere in Afghanistan, le prime dichiarazioni dei capi degli studenti coranici erano state improntate all’insegna di un’insolita moderazione. Era stato, in verità vagamente, promesso un atteggiamento non ferocemente repressivo dei diritti delle donne. Il tempo però si è incaricato velocemente di smentire ciò e la negazione della possibilità d’istruzione e di lavoro è esattamente tornato come nella prima esperienza di governo negli anni novanta.

Purtroppo quello che le ragazze afgane stanno vivendo non pare una parentesi o una situazione temporanea, il rappresentante delle organizzazioni della societa civile, membro permanente dell’Afghanistan presso le Nazioni Unite, ha parlato non a caso di apartheid di genere. Una violazione di diritti umani che potrebbe essere portata davanti i procuratori della Corte penale internazionale (CPI) i quali dovrebbero aprire un’indagine sulla repressione ordinata dal regime talebano.

La resistenza delle donne e delle giovani continua nonostante i pericoli a cui vanno incontro, ma per paura di arresti, detenzioni e torture, non rimane che la via costituita da scuole clandestine. Molte famiglie si sono rese conto che l’unica possibilità di istruzione per le loro figlie è attraverso l’emigrazione. Si stima che 2,5 milioni di ragazze e giovani donne non abbiano mai frequentato una scuola, e presto saranno raggiunte da altri 3 milioni che stanno per completare la loro istruzione primaria. Dopodiché saranno impossibilitate a passare al ciclo secondario di studi, in questa maniera a un’altra generazione di ragazze afghane sarà negata la possibilità di realizzare sogni e mostrare il proprio talento A livello mondiale diversi paesi a maggioranza musulmana, dal Pakistan e dalla Turchia all’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti, dal Qatar all’Iran, si sono incontrati all’Onu per condannare questo regime di repressione. Alle Nazioni Unite è stato messo in evidenza come nel Corano non vi sia nessuna prescrizione religiosa per escludere ragazze e donne dalle scuole secondarie e dalle università. Il sostegno internazionale però non è ancora sufficiente e si mostra inefficace per imporre un cambio politico ai talebani. In questo momento poi la situazione sta diventando ancora più difficile, lo testimonia il fatto che i religiosi di Kandahar stanno chiedendo proprio all’Onu di escludere tutte le donne dal loro ruolo di operatrici e impiegate presenti in Afghanistan. Eppure è chiaro che la violazione delle loro prerogative rompe i trattati internazionali sui diritti umani di cui l’Afghanistan è parte. In particolare il regime degli studenti coranici lede la convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). Inoltre si violano gli obblighi dell’Afghanistan ai sensi del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e della convenzione sui diritti del fanciullo. Fino a ora però gli appelli delle istituzioni internazionali sono caduti nel vuoto, i Talebani continuano a violare il diritto internazionale e a poco ha portato il monito lanciato quest’anno dal relatore speciale sui diritti umani in Afghanistan, Richard Bennett, quando ha chiesto con forza di ripristinare immediatamente la parità di accesso a un’istruzione di qualità a tutti i livelli e in tutti i corsi per donne e ragazze.

Il problema principale a livello di diritto è che l’Afghanistan non ha ratificato gli strumenti pertinenti che consentirebbero alle vittime delle violazioni di presentare petizioni agli organi dei trattati, nonostante ciò chi viola i diritti può essere ritenuto responsabile attraverso i requisiti e i meccanismi di segnalazione previsti dai trattati stessi. Esisterebbe dunque l’opportunità di continuare a esaminare le azioni dei Talebani ma solo di invitare genericamente a riaprire le scuole secondarie e le università.

Strumenti abbastanza spuntati che però potrebbero essere rinvigoriti da un’opportunità che risiede nel diritto penale internazionale che andrebbe sfruttata probabilmente in maniera piu efficace. A marzo infatti l’Onu ha riconosciuto il diritto all’istruzione come un “diritto abilitante, che è cruciale in sé e per sé per realizzare altri diritti umani”, e ha affermato che violare “questo diritto a metà della popolazione nega effettivamente alle donne e alle ragazze la maggior parte degli altri diritti umani”. L’esclusione delle donne e delle ragazze dall’istruzione secondaria e terziaria, insieme a tutte le altre restrizioni imposte loro dai Talebani, può essere configurata come una persecuzione, e come tale perseguita attraverso sanzioni ad personam contro i responsabili Talebani, perché in nessun altro paese le donne e le ragazze sono scomparse così rapidamente da tutte le sfere della vita pubblica.