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di Cristina Benenati

La Stampa, 15 agosto 2023

Report di Amnesty International. Lo studio fotografa la situazione dall’avvento dei “nuovi” talebani. L’appello: “Minoranze schiacciate e voci libere oppresse, gravissima e profonda crisi dei diritti”. “In due anni l’Afghanistan è diventato il paese più repressivo al mondo nei confronti delle donne. Anche le voci libere, le minoranze etniche e religiose, la comunità Lgbtqia+ vivono una realtà sempre più difficile”. Lo scrive su Twitter Amnesty International Italia, pubblicando un approfondimento sulla situazione nel Paese asiatico a due anni dal ritorno al potere dei talebani.

“Da quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno gettato il paese in una gravissima crisi dei diritti - spiega l’organizzazione nel Report - Era il 15 agosto del 2021 e da quel giorno la vita di donne, voci libere, minoranze etniche e religiose, persone della comunità Lgbtqia+ è diventata sempre più difficile”. Il report prosegue: “I talebani, che sono le autorità di fatto del paese, hanno commesso un’infinità di violenze e violazioni dei diritti umani in totale impunità. In due anni hanno sistematicamente smantellato le istituzioni chiave per la protezione dei diritti umani e represso la libertà di espressione, associazione, il diritto a un processo equo e altri diritti umani. I diritti fondamentali delle donne e delle ragazze sono stati soppressi. Migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate, torturate, rapite e persino uccise: esponenti del giornalismo, dello sport e dell’arte, attiviste, difensori dei diritti umani, accademici e accademiche, minoranze religiose ed etniche restano particolarmente a rischio. I diritti umani sono sotto attacco su tutti i fronti. Mentre la popolazione afgana continua a sfidare questa tempesta, noi dobbiamo essere al suo fianco e difendere il suo diritto a vivere in libertà, dignità e uguaglianza”.

Dal 17 settembre 2021 le ragazze sopra i 12 anni non possono più studiare. “Molte donne non possono più uscire di casa o viaggiare senza la supervisione di un uomo. Nel 2022 le restrizioni aumentano a dismisura: le donne non possono più frequentare l’università, i parchi, le palestre, persino i bagni femminili. Alle giornaliste viene imposto il divieto di mostrare il volto, le donne non possono più lavorare nelle Ong locali o internazionali. Nel 2023 chiudono anche i saloni di bellezza: viene così chiuso uno dei pochi settori lavorativi rimasti accessibili alle donne”.

C’è poi la questione della libertà di stampa. Amnesty evidenzia che “nel 2023, l’Afghanistan è stato classificato al 156° posto su 180 paesi nell’Indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere. Molti giornalisti sono stati arrestati, picchiati e torturati, solo per aver cercato di raccontare quello che stava succedendo nel paese”. Il racconto di un giornalista e attivista della società civile è emblematico sulla situazione: “Sono stato trattenuto per diversi giorni. Sono stato picchiato e frustato così forte sulle gambe che non riuscivo a stare in piedi. La mia famiglia aveva sentito da passanti che ero stato rapito dai talebani ma non avevano idea di dove fossi”. Amensty ricorda che uno dei primi casi di violenza contro i media si è verificato contro due giornalisti del quotidiano Etilaat Roz che stavano coprendo le proteste delle donne a Kabul il 9 settembre 2021. Nonostante lo scandalo internazionale che ne è derivato, le violenze non si sono fermate e fare giornalismo nel paese è più pericoloso che mai.