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di Giuliano Delli Paoli

Corriere del Mezzogiorno, 9 giugno 2022

Seconda edizione della rassegna che impegna i giovani detenuti di Airola in scena domani a Capodimonte e sabato nel chiostro del comune sannita. Al via la seconda edizione di “Portami là fuori”, il festival in programma, nell’ambito del Campania Teatro Festival. Una rassegna nata per portare fuori storie, spettacoli e musiche create all’interno dell’istituto penale per minorenni di Airola.

Al via la seconda edizione di “Portami là fuori”, il festival in programma, nell’ambito del Campania Teatro Festival, domani e dopodomani a Capodimonte e nel chiostro comunale di Airola. Una rassegna nata per portare fuori storie, spettacoli e musiche create all’interno dell’istituto penale per minorenni di Airola, ideata dalla onlus “Crisi Come Opportunità”.

Protagonisti sono i giovani detenuti, che daranno vita a rappresentazioni teatrali, concerti, laboratori inediti e affreschi street art. Si comincia domani alle 19 a Capodimonte, nelle Praterie del Gigante, con il debutto assoluto dell’opera teatrale “Amleto principe di Airola” di Maurizio Braucci. Un riadattamento innovativo del capolavoro shakespeariano messo in scena da una compagnia teatrale composta dai ragazzi detenuti e da studentesse dell’istituto superiore “de’ Liguori” di Sant’Agata de’ Goti, frutto del laboratorio di teatro permanente curato dal rapper Luca Caiazzo, in arte Lucariello, Pino Beato, Lello Genovese, Fabrizio Nardi, con la collaborazione artistica della regista Alessandra Asuni. In “Amleto principe di Airola” i personaggi originali abbandonano figurativamente la lontana Danimarca per addentrarsi in Campania, mentre i rispettivi ruoli mutano a seconda del carattere.

“Amleto - spiega Braucci - è un archetipo umano e universale. Nella condizione di detenzione è forte, come in Amleto, il dilemma interiore tra la colpa e la redenzione, tra l’aver commesso qualcosa di esecrabile e la consapevolezza di un destino sociale. I personaggi originali sono stati inoltre trasformati. Rosencrantz e Guildenstern, ad esempio, diventano avvocati. Mentre Orazio è un colpevole, dunque è anche lui detenuto. Amleto, invece, finisce in prigione per scegliere se deve o meno compiere la sua vendetta. Da una parte è spinto dal destino e dall’altra parte dalla possibilità concreta di evitarlo. Shakespeare è quindi utilizzato anche in chiave pedagogica”. E prosegue: “Durante i laboratori abbiamo cercato di lavorare moltissimo sul depotenziamento della figura patriarcale, maschilista, machista che con la sua cultura porta i ragazzi in carcere. In Amleto principe di Airola si ridiscute la figura del maschio che reagisce in maniera violenta”.

Non solo teatro. Anche la musica rap è al centro del progetto ideato da “Crisi Come Opportunità”. “Il progetto - racconta la vicepresidente Giulia Minoli nasce dieci anni fa, nel teatro settecentesco situato all’interno del carcere di Airola, che è diventato un presidio culturale permanente. Il nostro sforzo è stato quello di garantire continuità, coinvolgendo anche le scuole, le associazioni, con il festival a fungere da collante tra l’interno e l’esterno. Il rap è per noi fondamentale, perché è il genere con cui i ragazzi esprimono meglio i loro sogni e le loro esperienze. E da Airola siamo passati anche a Catanzaro e a Roma”.

Si prosegue all’insegna appunto del rap nella giornata di sabato con un laboratorio pomeridiano a porte chiuse, ma aperto ai ragazzi del carcere, guidato dal rapper partenopeo Oyoshe. Mentre alle 18 nel chiostro comunale spazio alla musica dal vico con “Musica InChiostro” del Lucariello Quartet. Il palco, allestito con le opere prodotte dai detenuti nel laboratorio di street art, ospiterà Lucariello, impegnato in prima persona nei laboratori musicali per giovani detenuti, Ciccio Merolla, Pietro Condorelli, Davide Afzal, i rapper Kento e Oyoshe, e i ragazzi del “Benevento rap lab” della cooperativa “Sale della Terra” e dello stesso Ipm di Airola. Al concerto seguirà una jam session e un dj set.

“Vedere un adolescente nel pieno delle sue energie rinchiuso in un carcere - afferma Lucariello - è qualcosa di doloroso e innaturale. La musica, il teatro, la poesia ci permettono di guardarci allo specchio attraverso una nuova prospettiva e il rap diventa quello strumento magico che permette, anche a un rapinatore o a un killer, di raccontare la sua umanità, la sua poesia”.