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di Alessandro Fallarino

ottopagine.it, 29 marzo 2022

“Il lavoro delle associazioni che aiutano i giovani con problemi di devianze e che troppo spesso delinquono è fondamentale, ma il vero motore con il compito di trainare le giovani generazioni verso una vita giusta deve essere lo Stato”.

Non ha dubbi Catello Maresca, magistrato, che questa mattina, accompagnato dal Garante dei detenuti per la Regione Campania, Samuele Ciambriello, ha incontrato, ad Airola, prima gli studenti del Liceo Lombardi, poi i giovani detenuti dell’Istituto penale minorile della città Caudina. Il magistrato, accolto dalla direttrice del carcere minorile, Marianna Adanti, si è soffermato con i detenuti con i quali ha scambiato opinioni e parlato a lungo. Un dibattito interessante e a tratti vivace. Il magistrato partenopeo, oggi consigliere comunale a Napoli, si è confrontato con i giovani che stanno scontando pene, anche per reati gravi.

“Il dottor Maresca è un magistrato che giustamente manda in carcere i delinquenti ma non tutti sanno della sua sensibilità per questi ragazzi, per gli adolescenti che vivono un disagio e una devianza. Li aiuta grazie alla sua associazione Arti e Mestieri, che ha lo scopo di avvicinare i giovani al mondo del lavoro” ha rimarcato il garante Samuele Ciambriello che ha introdotto i lavori.

“Non è sempre semplice parlare a questi adolescenti a metà, responsabili di reati gravi che hanno la morte nel cuore. Bisogna ripartire da loro, parlarci, aiutarli e capire il perchè di questo disagio”. Ciambriello ha poi snocciolato i numeri dei giovani protagonisti di quelle che inizialmente possono sembrare semplici devianze ma che troppo spesso si trasformano in reati: “Napoli ha 172mila minori. In Italia 13.652 giovani sono stati fermati, accompagnati dai genitori o in strutture come queste. Il 47 per cento, 6.500 ragazzi erano campani. Cosa facciamo per questi giovani? Come evitare di passare dal disagio alla criminalità?”. Mancanza di interesse per ciò che li circonda potrebbe rappresentare una prima risposta: “Il 62 per cento di questi giovani napoletani non fa mai sport e il 32 per cento non usa abitualmente internet. Partiamo da queste esigenze reali, dal presente per cercare di impedire loro di avere un futuro difficile”.

Importante, dunque, aiutare i giovani a non delinquere, ma aiutarli anche dopo aver scontato una pena affinché non finiscano nuovamente nel buio della criminalità. “Bisogna tendere loro la mano non solo nelle strutture ma soprattutto fuori” ha infatti rimarcato più volte il dottore Maresca. “C’è l’esigenza di accompagnarli, come farebbe un genitore attento durante il percorso di vita e specialmente quando questi giovani tornano nel loro territorio”.

Tante sono le iniziative messe in campo negli istituti penali minorili che aiutano i detenuti ad intraprendere un nuovo percorso di vita. “Serve però che lo Stato faccia di più all’esterno, quando questi giovani escono dal carcere” ha rimarcato il magistrato che ha poi aggiunto: “Il percorso rieducativo comincia qui ma deve continuare anche dopo, quando i giovani devono rientrare a far parte nella società civile. Il rispetto delle regole restituisce un futuro migliore, ma questo messaggio deve essere riempito di contenuti”. Bisogna prevenire questo tipo di soluzioni e non solo intervenire dopo. Questo si potrebbe fare riducendo la dispersione scolastica: “Un problema reale soprattutto in certi quartieri di Napoli dove il fenomeno sfiora il 33 per cento. Bisogna intercettare i ragazzi che lasciano la scuola quartiere per quartiere, casa per casa e indirizzarli ad un diverso equilibrio di vita e per fare ciò servono educatori, assistenti sociali ed altre figure che lo Stato deve mettere a disposizione.