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di Damiano Aliprandi

Il Dubbio, 11 agosto 2023

Nel cuore del super carcere sardo di Bancali, risuona una voce di sfida che spezza il silenzio dell’isolamento: quella di Domenico Porcelli, detenuto al 41 bis, che combatte con un’arma estrema, lo sciopero della fame, per far risuonare la sua disperata richiesta di ascolto. Irene Testa, Garante regionale delle persone private della libertà personale della Sardegna e tesoriera nazionale del Partito Radicale, lo ha nuovamente visitato, gettando luce su una situazione che altrimenti rimarrebbe relegata nei sotterranei del regime speciale.

Già nel mese di giugno, Irene Testa si è recata nel carcere di Bancali con l’obiettivo di incontrare i detenuti e ascoltare le loro storie. Tra di essi, Domenico Porcelli emerge come un simbolo struggente di una realtà spesso dimenticata. In sciopero della fame da ormai oltre cinque mesi, Porcelli denuncia la sua situazione disperata attraverso un gesto che mette a dura prova il suo corpo e la sua volontà. Le sue parole raccontano una storia di isolamento e lotta costante. Come riferisce la Garante Testa, egli è costantemente monitorato dagli operatori carcerari e, in particolare, dal presidio sanitario. L’educatore ha avuto oltre 10 colloqui con lui, mentre diversi elettrocardiogrammi e visite cardiologiche sono state effettuate a partire dal mese di febbraio.

Martedì scorso, Domenico Porcelli ha ribadito alla Garante la sua intenzione di proseguire la sua lotta, consumando solamente 1 kg di zucchero a settimana, accompagnato da camomilla, thè e latte. Ma c’è di più. Da pochi giorni, come già segnalato da Il Dubbio, ha manifestato la volontà di porre fine alla sua vita, cercando informazioni sulla fattibilità di ottenere l’eutanasia attraverso il suo avvocato. Questa richiesta disperata solleva domande profonde sulla sua sofferenza e sulla sua visione del futuro. Irene Testa ha informato le autorità competenti di questa situazione, ma la sua dichiarazione va anche oltre il caso individuale di Porcelli. L’allarmante numero di detenuti al 41 bis e in regime di alta sicurezza in Sardegna, insieme all’intenzione di aumentare ulteriormente questo numero, solleva una questione di più ampia portata. La Sardegna, come sottolinea la Garante regionale, rischia di diventare una sorta di “Caienna d’Italia”, evocando il tristemente noto carcere francese durante il periodo coloniale.

Questa realtà suscita domande scomode sulla funzione del sistema carcerario nel nostro paese. È essenziale bilanciare il rigore della legge con il rispetto dei diritti umani fondamentali. La storia di Domenico Porcelli mette in luce l’urgenza di riflettere su come trattare i detenuti, garantendo loro la dignità e la possibilità di riscatto. L’uso estremo dello sciopero della fame, come forma di protesta e richiesta di attenzione, ci spinge a considerare come la giustizia debba rispondere alle richieste di coloro che sono dietro le sbarre. In questo contesto, la sua richiesta di eutanasia solleva domande etiche e legali complesse. Rappresenta un grido disperato di ascolto da parte delle istituzioni. Ma nessun parlamentare vi ha fatto visita.

Come precedentemente riportato su queste pagine, Porcelli è in attesa di un giudizio definitivo. Le sue avvocate, Maria Teresa Pintus e Livia Lauria, hanno presentato un reclamo per l’annullamento del decreto 41 bis, sottolineando la mancanza di elementi concreti che giustifichino il suo isolamento estremo. La giurisprudenza ha stabilito che ogni proroga del regime deve essere basata su una valutazione attenta delle circostanze individuali e delle reali minacce per l’ordine e la sicurezza. L’udienza, tuttavia, è stata fissata per il mese di novembre.