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di Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2023

I detenuti al carcere duro non possono ascoltare i Cd dei neomelodici, alcuni dei quali raccontano di contesti malavitosi e in contrapposizione aperta con i poteri dello Stato. È legittimo negare ad un detenuto al 41-bis la possibilità di acquistare Cd neomelodici che veicolano messaggi di violenza. Alcuni brani di questo genere musicale, ad avviso dei giudici sono in contrasto con il principio rieducativo della pena teso alla risocializzazione, perché raccontano “di contesti malavitosi e di contrapposizione anche aperta ai poteri dello Stato”. Con questa motivazione il Tribunale del riesame, aveva negato ad un detenuto al regime differenziato la possibilità di acquistare e tenere nella cella i Cd di musica neomelodica. Per la Cassazione un no giustificato. La Suprema corte dichiara, infatti, inammissibile il ricorso di un detenuto per reati di camorra campano, che aveva chiesto l’autorizzazione ad ascoltare questa musica.

La musica tradizionale napoletana - Senza successo il diretto interessato aveva cercato di convincere i giudici che la musica neomelodica si ispira alla canzone tradizione napoletana, rivendicando anche il suo diritto a scegliere il percorso rieducativo da intraprendere senza essere limitato nella sua autodeterminazione. La Suprema corte però non è d’accordo. Il Tribunale del riesame, dando un giusto rilievo al contenuto dei testi dei Cd, precisano i giudici, “ha rilevato che alcuni brani musicali del genere neomelodico veicolano messaggi di violenza ed esaltano l’adesione a stili di vita criminali sicchè il loro ascolto si presenta del tutto incompatibile con il trattamento penitenziario che, tendendo alla risocializzazione del condannato, promuove valori e modelli di comportamento diametralmente opposti”. Per i giudici i Cd di musica neomelodica di interesse del detenuto “non erano estranei a quelli contenenti i citati messaggi negativi”.

Canzone neomelodica e camorra - Sentenza di oggi a parte, non è la prima volta che i giudici si occupano di un possibile fil rouge che può legare sceneggiate e canzoni neomelodiche alla camorra e al mondo dei boss. Lo aveva fatto Giovanni Falcone nel 1981 chiamando come testimone in un’inchiesta Mario Merola che, in quell’occasione, raccontò di aver cantato anche per Michele Greco, il Papa di Cosa nostra. Molto più recente la cronaca ha dato conto delle dichiarazioni dei pentiti secondo i quali la compagna di un boss si sarebbe sostituita a lui dopo il suo arresto e avrebbe fatto incidere una canzone contro i collaboratori di giustizia, affidandola ad un cantante neomelodico piuttosto noto.

Al tema è stato dedicato anche un convegno, al quale hanno partecipato cantanti e magistrati, che hanno provato ad interrogarsi sulla possibile esistenza di un rapporto tra il fenomeno della musica neomelodica e la camorra.

Nel corso dell’incontro dal titolo “Note di camorra, universo neomelodico e vite stonate” il procuratore aggiunto di Napoli, Pierpaolo Filippelli ha spiegato che nella sua esperienza alla Dda ha avuto modo di incrociare espressioni “artistiche” a opera di capoclan che utilizzavano questi mezzi per fare proselitismo. La cantante Ida Rendano ha invece messo l’accento sull’importanza di fare una netta distinzione tra gli artisti della musica popolare napoletana e quelli che utilizzano la canzone per veicolare valori criminali.