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di Giada Gianola

eutekne.info, 9 agosto 2023

Il lavoro prestato dal detenuto in Istituti di pena è remunerato secondo il disposto dell’art. 22, comma 1 lett. f) del D.Lgs. 124/2018. In base a tale disposizione, testualmente, “la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è stabilita, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi”; sulla remunerazione così determinata vengono quindi calcolati i contributi previdenziali e assistenziali (art. 7 del DL 103/91).

La norma appena riportata va ovviamente letta tenendo conto dell’art. 36 Cost., che ugualmente fa riferimento alla quantità e alla qualità del lavoro prestato dal lavoratore per determinare la giusta retribuzione da corrispondere allo stesso, la quale deve essere in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Inoltre, per determinare l’entità della retribuzione spettante al lavoratore detenuto in istituti carcerari, si ritiene occorra tenere conto, in relazione alla contrattazione collettiva di settore, del livello di inquadramento maggiormente corrispondente alle mansioni effettivamente svolte dal lavoratore.

Nel caso in cui si lamenti la corresponsione di una remunerazione (detta anche “mercede”) inferiore rispetto al limite dei due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro, il lavoratore potrà ricorrere in giudizio al fine di ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento della differenza retributiva, ciò in quanto il rapporto di lavoro si perfeziona con esso e non con il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria o la casa circondariale, che costituiscono articolazioni organizzative interne e, in quanto tali, prive di titolarità passiva (cfr. Trib. Bari 10 marzo 2022 n. 725).

Le differenze di retribuzione possono anche essere dovute a causa del mancato adeguamento della remunerazione rispetto ai contratti collettivi vigenti al momento in cui sono state svolte le prestazioni (cfr. Trib. Roma 3 febbraio 2023 n. 1129). Sotto il profilo processuale la competenza per materia spetta al giudice del lavoro (cfr. Cass. n. 21573/2007), ma è inapplicabile il criterio di competenza territoriale di cui al comma 5 dell’art. 413 c.p.c., riguardante le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

Nelle controversie in tema di lavoro carcerario si devono infatti applicare i criteri di cui al comma 2 del suddetto art. 413 c.p.c. (secondo il quale è competente per territorio il giudice nella cui circoscrizione è sorto il rapporto ovvero si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto), ciò in quanto quelle del lavoratore detenuto sono prestazioni lavorative svolte nell’ambito di una struttura aziendale finalizzata alla produzione di beni per il soddisfacimento di commesse pubbliche e private, con conseguente instaurazione di un rapporto di lavoro privato (cfr. Cass 8 maggio 2019 n. 12205).

Si evidenzia infine che, come chiarito di recente dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8792/2022 - che si è pronunciata sul caso di un lavoratore che domandava la condanna del Ministero al pagamento degli emolumenti lavorativi dovuti per l’attività di scopino svolta presso la casa circondariale di Rebibbia, ove era stato detenuto - ai fini del pagamento della remunerazione risulta congrua e, quindi, sufficiente la mera deduzione degli elementi riguardanti le mansioni assegnate e l’indicazione in concreto delle mansioni svolte, costituendo il trattamento individuato dall’art. 22 della L. 354/75 il c.d. minimo assoluto.

Nel caso di specie i giudici di legittimità hanno così ritenuto ultronee le ulteriori allegazioni richieste dalla Corte d’Appello per l’accoglimento della domanda proposta dal lavoratore, in relazione alle modalità di svolgimento del rapporto, all’orario di lavoro, alla sua articolazione, alle ore di lavoro straordinario, alle ferie non godute, all’indicazione specifica delle voci retributive rivendicate e all’inquadramento.