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di Gabriele Moroni

Il Giorno, 5 dicembre 2023

Cesare Battisti, condannato all’ergastolo per 4 omicidi e altri reati commessi quando militava nei Pac, ha iniziato a lavorare all’iter - previsto dalla riforma Cartabia - per chiedere di essere ammesso alla mediazione penale, parte della giustizia riparativa per poter accedere ai benefici penitenziari e ai permessi premio. Ora il trasferimento dal carcere di Parma a quello di Massa (più vicino alla famiglia) ha interrotto l’iter che va ripresentato. I parenti delle vittime possono rifiutare.

Il 23 maggio scorso il magistrato di Sorveglianza di Ferrara ha stabilito che Battisti ha diritto a chiedere di accedere ai benefici: riconosciuti “12 semestri di liberazione anticipata, per un totale di 540 giorni, che, unitamente alla detenzione svolta, rendono procedibile la richiesta di permesso premio essendo decorsi oltre dieci anni di carcerazione”.

“Cesare Battisti ha una opportunità che la legge gli permette di afferrare. Non è lui che sbaglia. È la legge che è stata fatta e riformata male. Questo vale per Battisti, ma anche per i mafiosi e per quanti si sono macchiati di un certo tipo di reati”. La voce pacata, l’opinione è netta, precisa. Alberto Torregiani, una vita segnata, intrecciata con i più cupi anni di piombo.

Il 16 febbraio 1979 Pierluigi Torregiani, padre adottivo di Alberto, cade in un agguato di un gruppo di fuoco dei Proletari armati per il comunismo nella sua oreficeria, in via Mercantini, alla Bovisa, a Milano. Riesce a estrarre la sua pistola e a fare fuoco. Il proiettile colpisce alla schiena Alberto, che perde l’uso delle gambe. Ha 15 anni. Battisti non partecipa materialmente all’omicidio Torregiani, ma fa parte del direttivo dei Pac.

Torregiani, lei è più critico nei confronti della legge o di Battisti che vorrebbe usarla?

“Il percorso della vita è lastricato di opportunità e difficoltà. Ognuno sceglie il proprio volontariamente o meno. Cesare Battisti scelse con la propria autodeterminazione il percorso più malefico, inducendo la sua anima a coprirsi del sangue delle vittime da lui colpite, ben consapevole delle azioni che ne sarebbero conseguite. Ora, anche senza pentimento, senza ammissione di responsabilità, chiede di accedere a benefici e percorsi preferenziali che la legge, per garanzia umanitaria, mette a disposizione. Questo senza la dovuta considerazione per chi, ancora oggi, versa lacrime nel dolore quotidiano”.

Che cosa risponde, allora, a Battisti?

“A Battisti dico solo che ha già ottenuto favori e privilegi che ritengo contrari al peso della sua pena detentiva: l’ergastolo. Rispondo esprimendo il pieno diniego, mio e delle famiglie coinvolte, alla sua richiesta, attribuendo non a lui ma a chi ha scritto male la riforma le erronee conseguenze. Una legge scritta senza il dolore nell’animo non può comprendere che alcuni passaggi altro non fanno che mantenere aperte quelle ferite, che la garanzia non può percorrere su un solo binario, quello del carnefice. La tutela e i diritti dovrebbero salvaguardare la faccia debole della stessa medaglia: le vittime”.

Di quali benefici ha già goduto Battisti?

“È in carcere da appena quattro anni. Per prima cosa è passato da detenuto in regime di alta sicurezza a detenuto comune. Ecco il punto: questo gli ha permesso di avviare il percorso per accedere alla legge Cartabia. Nel 2020 ha ottenuto uno sconto di pena per buona condotta. È stata accolta la sua richiesta di trasferimento dal carcere di Parma a quello di Massa, più vicino alla famiglia. E questo è un altro beneficio”.

Quale dovrebbe essere, a suo parere, un percorso corretto per chi sconta una pena per reati più gravi?

“Si dovrebbero mettere prima dei paletti. Il detenuto sconti almeno metà della condanna, in silenzio, in regime di alta sicurezza. Sarebbe anche il modo migliore per tutelare le famiglie delle vittime. Dimostri un vero pentimento. Dimostri che può essere reintegrato nella società. E poi chieda i benefici che la legge gli concede. Il percorso di reinserimento nella società non può partire da zero”.

Accetterà mai di incontrarlo?

“No. Pieno diniego mio e delle famiglie delle vittime. Qui c’è un altro errore della legge. Anche se le famiglie non accettano l’incontro, il detenuto può proseguire il percorso. Va avanti lo stesso. La legge è scritta male”.

Ha incontrato qualcuno di quelli condannati per l’assassinio di suo padre?

“Incontrai Sebastiano Masala, ma erano gli anni Ottanta, altri tempi, altre storie. Chiese di incontrarmi e ci vedemmo in tutta segretezza. Aveva compreso di avere commesso un errore tremendo, si era pentito, si era assunto le sue responsabilità. Si è fatto la sua condanna senza che l’incontro con me influisse in alcun modo a suo vantaggio”.