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sardiniapost.it, 20 luglio 2023

M.R. è un detenuto napoletano in un carcere della Sardegna. Ha 54 anni. È rinchiuso in una cella nel penitenziario di Alghero. Dopo il caso del farmacista morto domenica a Cagliari, l’uomo ha trovato il coraggio di scrivere all’associazione Socialismo Diritti Riforme (Sdr) che si occupa proprio di tutele dietro le sbarre.

“Ho commesso un reato. Sono stato condannato. Sto espiando la mia pena. Ma a questa mi sono state aggiunte pene accessorie di natura fisica, per i continui dolori che ho quotidianamente all’addome e altri sintomi, e psicologica”. Il testo lo ha diffuso Maria Grazia Caligaris, socia fondatrice di Sdr.

Affetto dal 2017 da “laparocele addominale”, trasferito in Sardegna nel 2021, M.R. attende, ormai da due anni, un intervento chirurgico dichiarato urgente, per le gravi conseguenze derivanti da una cavità nell’addome. “A dilatare i tempi dell’intervento - racconta la Caligaris - sono stati prima la pandemia, a causa della quale per ben tre volte si è sentito negare la possibilità di risolvere il problema sanitario, poi una serie di intoppi burocratici. Infine, grazie anche al personale impegno del Presidente del Tribunale di sorveglianza di Sassari, ha ottenuto un mese fa di poter effettuare un pre-ricovero all’Ospedale marino di Alghero ma da allora, nonostante gli avessero anticipato che nell’arco di una settimana avrebbe risolto finalmente il problema, la sua situazione non è cambiata. Sono trascorsi oltre 40 giorni di assoluto silenzio”.

Nella sua lettera, il detenuto ha scritto: “Se il personale dell’ospedale aveva deciso di intervenire con urgenza perché di questo si tratta - si chiede ancora M.R. - come mai a distanza di oltre un mese non ho saputo più nulla? Che cosa è cambiato?”. Dice ancora la Caligaris: “La vicenda del detenuto napoletano è un’ulteriore dimostrazione delle oggettive difficoltà da parte dei cittadini, in particolare di quelli privati della libertà, di poter fruire del diritto alle cure in tempi adeguati ai bisogni. La sanità penitenziaria, che ha saputo far fronte alla pandemia, non riesce invece a garantire ai detenuti e alle detenute un diritto costituzionalmente riconosciuto. È diventato improcrastinabile dotare gli ospedali di appositi reparti per i ricoveri ma anche effettuare un serio monitoraggio della situazione sanitaria dentro le celle, dove si concentrano le patologie”.

Ancora dalle parole della socia fondatrice di Sdr: “Pur in una situazione di emergenza per tutti, occorre ripensare alla riorganizzazione delle liste d’attesa. Non si può accettare che, come in questo caso, la programmazione di un intervento chirurgico diventi uno stillicidio. Auspichiamo una soluzione immediata per questo paziente detenuto e un intervento dell’assessore regionale della Sanità affinché la sanità penitenziaria abbia uno peso specifico nella programmazione”.