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di Flavia Amabile

La Stampa, 29 maggio 2023

Lo studio della Fondazione L’Albero della Vita Onlus: pochi visitano musei. “Così peggiorano le loro capacità emotive e relazionali”. La povertà educativa e culturale in Italia è cresciuta e condiziona anche la capacità delle studentesse e degli studenti di immaginare il proprio futuro. Lo confermano i dati della seconda “Ricerca sulla povertà educativa in Italia”, realizzato da Fondazione L’Albero della Vita Onlus (Fadv) con la supervisione scientifica dell’Università degli Studi di Palermo, che saranno presentati oggi.

Secondo l’indagine di Fadv, che ha coinvolto 454 beneficiari del programma nazionale di contrasto alla povertà “Varcare la soglia”, attivo a Milano, Perugia, Genova, Napoli, Catanzaro e Palermo, il 76% di chi ha partecipato alla ricerca non svolge alcuna attività ludico-ricreativa, il 43% non possiede a casa libri adatti alla propria età e al proprio livello di conoscenza. Il 53% non è mai stato al cinema nell’ultimo anno e il 78% non ha partecipato a visite al patrimonio artistico, culturale e ambientale. A praticare sport è solo il 17% del campione, mentre a leggere solo il 15%.

Sono dati allarmanti che registrano in media un peggioramento rispetto all’anno precedente, sottolinea lo studio. Se si prendono in considerazione le cifre ufficiali sulla dispersione scolastica, gli ultimi dati non fanno che confermare questo quadro. “Il livello di povertà assoluta dei minori in Italia, non è mai stato così alto da quando viene svolta questa rilevazione”, sottolinea Impossibile, l’ultimo rapporto sulla povertà educativa realizzato da Save the Children. Sono più di un milione e 300mila i bambini in una condizione di povertà assoluta, il 13,6% dei minorenni. Era meno del 5% dieci anni fa. Soltanto nel 2019 si è registrata una diminuzione della percentuale dei minori in povertà assoluta per l’effetto dell’introduzione del reddito di cittadinanza). Il numero invece di coloro che si trovano a rischio povertà ed esclusione sociale (ovvero che vivono in famiglie con un reddito inferiore al 60% del livello mediano nazionale, o con genitori che hanno un lavorano saltuario, o che non possono permettersi di soddisfare alcuni bisogni essenziali) è di 2 milioni 725 mila, ovvero più di un minore su quattro, una delle percentuali più alte in Europa.

Secondo i dati citati agli inizi di maggio dal ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, la situazione è in miglioramento. La percentuale di popolazione in età tra i 18 e i 24 anni che ha al massimo ottenuto il titolo di secondaria di primo grado nel 1992 era al 37,5%. Nel 2021, era calata al 12%, secondo l’Eurostat, una cifra superiore solo al tasso di abbandoni di Spagna e Romania. Analizzando i dati italiani si nota una forte disparità tra regioni e uno svantaggio molto accentuato nel Mezzogiorno. In Sicilia si arriva al 21%. Sono le due Italie di cui ha parlato anche il ministro annunciando il lancio di Agenda Sud con progetti in 150 scuole. Il fenomeno però è molto più ampio come mostrano i dati che saranno presentati oggi.

Come spiega Isabella Catapano, direttore generale di Fadv, “il 50% degli intervistati non sa esprimere felicità quando capita qualcosa di bello, o gioire appieno dei propri successi (65%). Anche quando si tratta di esprimere liberamente il proprio entusiasmo in occasione di feste e incontri con gli amici il 67% non si sente capace di farlo”. “Insomma la povertà educativa ha, come diretta conseguenza, una mancata attivazione delle capacità e del talento di bambini e ragazzi”, continua Catapano.

“Addirittura al peggiorare delle condizioni di povertà peggiorano anche le capacità emotive e relazionali del bambino. Infatti, se a non saper esprimere felicità in media sono il 50% dei bambini, la percentuale cresce all’81% se si considerano le fasce più in difficoltà. Stessa cosa se si considera chi è in grado di gestire frustrazione e rabbia (76% vs 91%)”.

“L’unico argine a questo fenomeno e l’unica agenzia educativa in grado di abilitare questi giovani, facendogli scoprire le proprie capacità, e quindi insegnandoli la capacità di immaginare e sognare la possibilità di emanciparsi dalla propria condizione è la scuola”, sottolinea Simona Frassone, presidente di ScuolAttiva, “ma la scuola da sola non può e non riesce a farsi carico del problema”, avverte.