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di Francesco Olivo

La Stampa, 13 marzo 2024

Dopo la rottura sulla Commissione d’inchiesta sui politici spiati, la leader nega un chiarimento al ministro. Scontro tra via Arenula e Mantovano sulla nomina del nuovo capo di gabinetto. C’è un caso Nordio nel governo. Non è inedito, ma con il passare dei mesi, si arricchisce di nuovi capitoli, con una corda che rischia di spezzarsi. Giorgia Meloni è molto seccata con il ministro della Giustizia, che tanto ha voluto all’interno del suo governo, uno dei nomi “illustri” dietro al quale ha cercare di farsi scudo, rincorsa com’era dall’accusa di avere una squadra inesperta. La goccia che sta per far traboccare un vaso ormai colmo di malumori è la richiesta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sulla vicenda degli accessi abusivi alle banche dati. Meloni ha risposto in maniera durissima e, cosa inedita nei rapporti tra i due, ha negato a Nordio un colloquio per un chiarimento che viene ritenuto inutile, almeno in questo momento. Sostituire il Guardasigilli non è strettamente all’ordine del giorno, “almeno fino alle Europee”, spiegano fonti vicine alla premier, “dopo si vedrà”.

Per Meloni cambiare adesso questa casella significherebbe un’ammissione di colpevolezza, uno smacco personale. E poi anche un solo cambiamento della squadra aprirebbe una dinamica all’interno della maggioranza con esiti imprevedibili. Forza Italia, infatti, già fa capire che potrebbe chiedere un ministero in più in caso di un sorpasso importante sulla Lega a giugno.

Complicato poi sarebbe individuare un sostituto, visto che il sottosegretario Andrea Delmastro, il più vicino alla premier, è imputato per rivelazione di segreto d’ufficio nel caso dell’anarchico Alfredo Cospito. Il candidato naturale potrebbe essere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, un magistrato conservatore come Nordio, ma con maggiore tatto ed esperienza politica. Mantovano però ricopre un ruolo fondamentale a Palazzo Chigi, specie nei rapporti con il Quirinale e ha in mano dossier delicati come quello dei Servizi. Spostarlo da Piazza Colonna quindi sarebbe complicato.

Eppure la rabbia è tale, che nessuno esclude più nulla da giugno in poi. Politicamente, il ministro è di fatto commissariato e in questi mesi ha dovuto avallare decine di misure lontane dalla sua cultura giuridica, a cominciare dall’introduzione di diversi reati e dal sostanziale abbandono di battaglie di una vita, come la separazione delle carriere, di cui Meloni non vuole sentire parlare. Quella della commissione d’inchiesta è una proposta, condivisa con il ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha stupito, per usare un eufemismo, la presidente del Consiglio, giudicata del tutto intempestiva e sbagliata in sé, visto che una commissione al lavoro già c’è, l’Antimafia, ed è guidata dalla sorella d’Italia Chiara Colosimo, legatissima alla premier. La cosa che più ha sconcertato Meloni è che una proposta di questa portata fosse annunciata dal ministro senza minimamente averla condivisa con Palazzo Chigi, né con i capigruppo di maggioranza. E visto che non è la prima volta, l’elenco che fanno i fedelissimi della premier, è lunghissimo è normale che si cerchino delle contromisure.

La prima reazione è stata quasi istintiva, ovvero suggerire (altro eufemismo) a Nordio di non rispondere all’invito di Matteo Renzi sul palco della Leopolda. La seconda, ben più pesante politicamente, è la nota con la quale i capigruppo di maggioranza di Camera e Senato hanno bocciato l’istituzione della commissione d’inchiesta. Le esternazioni continue di Nordio che esulano dalle linea del partito non sono l’unico problema, “parla come se fosse a un convegno” , disse in un’intervista a La Stampa, Delmastro, sottosegretario con delega a raddrizzare la linea che Nordio infrange quotidianamente.

Tra palazzo Chigi e via Arenula c’è anche un altro conflitto in questi giorni. Il ministro vorrebbe promuovere Giusi Bartolozzi, da vicecapo di gabinetto a capo, per occupare il posto lasciato vuoto da Alberto Rizzo, dimessosi due mesi fa proprio per gli scontri continui con Bartolozzi. A questa nomina si sta opponendo fermamente Mantovano, dall’esito di questo scontro si capirà forse anche il futuro di Nordio.

Una commissione al lavoro sui dossieraggi, come sottolineato da Meloni già c’è: “Oggi sta lavorando l’Antimafia, che ha poteri d’inchiesta. Bisogna farla lavorare, poi valuteremo” ha detto. Ieri l’ufficio di presidenza ha deciso le persone da ascoltare. I primi tre saranno i capi della Guardia di Finanza, della Dia e dell’Unità di informazione finanziaria. In un momento successivo nelle audizioni potranno comparire Guido Crosetto, l’editore e il direttore del quotidiano Domani Carlo De Benedetti ed Emiliano Fittipaldi. Nella lista non ci saranno né l’ex premier Matteo Renzi, né l’ex procuratore capo Antimafia Federico Cafiero de Raho, attuale deputato del M5S e vicepresidente della commissione Antimafia. Colosimo ha spiegato di aver ricevuto un parere contrario da parte del presidente della Camera Lorenzo Fontana, suscitando una reazione durissima da parte della senatrice di Italia Viva Raffaella Paita che ha attaccato platealmente la presidente: “Dov’è la risposta di Fontana? Incredibile che non si possa ascoltare l’ex capo della procura Antimafia”.